domenica 7 dicembre 2008

Al cimitero.

Mammà buongiorno! Come state?
Vostra figlia…?
No, non ci sta. Sto solo io. E sì, lo so, ve lo avevo promesso, ma intanto lei è dovuta andare da vostro marito.
La signora…?
E mi pare che oggi non ci andava. Almeno così ho capito.
Ma che dite? Ma quando mai!
Però qualcosa deve pur mangiare…!
Ma non è vero che si è fatto ciotto-ciotto.
Diciamo che grazie al cielo non sta male.
Si va be', anche grazie a voi…. Per carità! E lo sappiamo questo…
Mammà ma io non sono venuto per farvi sfogare perché vostro marito mangia…, io so venuto perché mi avete detto che mi dovevate fare gli auguri perché non mi potevate chiamare.
Come avete visto sto qua.
Ma non vi preoccupate per il regalo.
Voi il regalo che mi potete fare lo sapete gia!
No, ma quali numeri a lotto.
Che poi magari non escono e mi fate buttare i soldi.
Non ne indovinavate uno prima… figuratevi adesso…
Voi dovete stare vicino a vostra figlia! Questa è una cosa che mo' potete finalmente fare.
Le dovete dedicare tutto il tempo che non le avete dedicato prima.
Tanto che c'avete da fare?
Almeno da dove state la volete finire di pensare a vostro figlio?
Tanto a lui ci pensa la moglie….
Lo so che vi è venuta a trovare; avete visto?... Va a trovare pure vostro marito.
Ho pensato anch'io la stessa cosa vostra… ma vi sbagliate!
Ma quando mai…!
Ma che dite….! Ma dove state voi queste cose non le dovete nemmeno pensare…
Ma quando mai non le pare vero, e lo va a trovare per essere sicura che non è uno dei vostri dispetti…
Mammà vi devo dire la verità? Alle volte pure io penso che è uno scherzo, poi vengo qua e scopro che non è uno scherzo. Ma che ci volete fare.
Però il lo penso per un altro motivo…
Vi ringrazio. Senza i vostri auguri non mi pareva la mia festa.
No, vostro marito non mi ha chiamato ancora. Forse dopo.
Mammà ma lo volete capire che le caramelle non ve le potete mangiare?
Nemmeno la cioccolata! Vi fanno male.
Poi mi fate litigare con vostra figlia….
…e va bene…! Sì, la prossima volta ve la porto.
Non vi preoccupate. Ma adesso me ne vado.
Grazie ancora. Statevi bene. L'ho visto.
Quelle ai lati sono scure. La vostra è bella chiara. Si capisce subito che è la vostra.
Lo so, voi siete speciale.
Vostra figlia vi ha sempre considerata speciale…
Mammà me ne debbo andare.
Arrivederci!


 


 

giovedì 4 dicembre 2008

Considerazioni fisiologiche

Passeggio in bibicletta in una tarda serata di fine estate.
Mi trovo davanti alla Casa comunale del comune di Pompei.
Non abito a Pompei, ma mi capita spesso di trovarmici; si tratta di un comune adiencente a quello dove abito io.
Anzi, per chi non è del posto, non sembra nemmeno di trovarsi in un comune diverso, visto che qui di cartelli che avvisino dove finisce un comune e dove ne inizia un altro non v'è ombra.
L'edificio, una volta residenza del Beato Bartolo Longo fondatore del santuario dedicato alla Madonna del Rosario, si trova proprio di fronte alla facciata del santuario stesso.
Oltre ai giardini con la fontana, li divide un ampio tratto di strada inglobato in quella che è la piazza dedicata al Beato.
Proprio in corrispondenza dell'ingresso della casa comunale, al centro della strada, troneggia un ampia e maleodorante testimonianza del passaggio di uno o forse più d'un cavallo.
Cavalieri di passaggio in transito?
A volte se ne vedono, anche se di rado.
Forse militi in assetto da parata?
Anche di questi a volte se ne vedono. Non tanto in assetto da parata, quanto in vena di farsi ammirare nella pubblica via.
Si sa, il "Cavaliere" in divisa suscita da sempre un fascino particolare sulle attempate signore a passeggio.
Mi domando perché io, quando porto a passeggio il mio cane, debba avere con me – anche se non la uso - la paletta per raccogliere i suoi possibili residui di un potenziale bisogno fisiologico mentre chi va a cavallo no.
Eppure il mio cane, per quanto non sia di taglia piccola ma neanche grande, per dirla in breve "media" suvvia!, espleta necessità di molto ridotte, quasi sempre a ridosso dei marciapiedi o tra le aiuole, per nulla maleodoranti, e comunque giammai – e voglio sottolineare giammai - al centro della careggiata.

Farà anche questo parte delle stesse ragioni per cui è più facile che vada in gattabuia un ladro di mele piuttosto che un qualsiasi amministratore o direttore generale di una grande azienda a partecipazione statale?

venerdì 31 ottobre 2008

Terapia 1

Che io lo so poi che significa… la stessa cosa succede... come quella volta...
Dottore… io gliel'ho detto…. Glielo dovevo dire che non piaceva quello che mi aveva detto… come me lo aveva detto…. Perché poi fanno tutti così…. 
Nessuno che è sincero e che ti dice… 
"guarda, non sei buono, mi fai schifo… non ho bisogno di te… non ci servi…. Ti credi di essere chissà chi e invece… il lavoro non lo sai fare… guarda non ti amo più perché mi sono innamorata di un altro…"
Il tempo ne è passato… ma io ancora non me lo riesco a dimenticare... mannaggia... che mi pareva che stava andando tutto così bello... con Michela, voglio dire... ci ho incominciato a raccontare… te la ricordi? 
Ma si, quella coi capelli neri - neri che parevano di carbone...? che pure tu una volta mi hai detto "aho!, ma pare che i capelli se li tinge proprio con il carbone"... e io pure poi ti ho detto "hai proprio ragione come dici tu...... pare che se li tinge con il carbone..."
Neri - neri e ricci - ricci... riccissimi proprio che a me così mi piacciono... 
che quello con Michela stava andando tutto lisco fino a che poi si è messa al lavorare.... 
che da quando si è messa a lavorare non si è capito più niente...

te lo ricordi anche tu, è vero, quando ha trovato quel posto dentro a quell'ufficio che ha cominciato pure a fare tardi la sera perchè diceva che il suo capo aveva proprio bisogno di lei.... perchè lei era bravissima... che quasi - quasi senza di lei non sapeva come fare...
Che io poi mi sono pure chiesto "ma se senza di lei non sapeva come fare, come aveva fatto fino a che prima che ci andava Michela a lavorare con lui?"... 
che ce l'ho pure chiesto a Michela "scusa ma prima che ci andavi a lavorare tu, come faceva lui prima?"... 
e lei mi ha risposto "eh, che ti debbo dire... mi ha detto che la sera non rimaneva e se ne andava a casa che stava pure solo e che non sapeva come fare.... quello ci ha una casa grande con un bel televisore... e forse si vedeva il televisore o si sentiva la musica con lo stereo e si beveva qualche liquore..."
... io prima ho detto "ah, va bene..." poi però ho pensato "ma come fa questa a sapere che il suo capo ci ha una casa grande, e che ci ha pure un bel televisore, e pure lo stereo e i liquori?"

... forse ci sarà dovuta andare a portare qualche carta che si era dimenticato... però non ce l'ho chiesto a Michela perchè ho pensato "vuoi vedere che poi si crede che io ci manco di fiducia, che chissà perchè ci chiedo come è che sa tutte queste cose della casa del capo suo..." 
però mo' che mi ricordo mi ha pure detto che ci aveva una bella stanza da letto.... che quando ce l'ho chiesto.... mi ha detto che per caso ci aveva la porta aperta e lei l'ha vista....  una volta che ci aveva dovuto portare una carta importante che si era dimenticato in ufficio e lui non ci poteva ritornare... in ufficio... perchè ci aveva la macchina dal meccanico...

insomma però poi andava a finire che la sera faceva sempre più tardi, ma così tardi che una volta è tornata anche la mattina dopo.... quasi sempre tornava poi al mattino dopo.... che lei si credeva che io non me ne accorgevo perchè faceva piano che non mi voleva svegliare... ma io stavo già sveglio perchè ormai mi dovevo alzare… e pensavo che chissà che lavoro importante stava facendo che non aveva potuto lasciare.... e mi faceva pure un poco pena....

"ma che ci avevi da fare a lavorare così tanto?" ci ho chiesto... e lei poi mi ha guardato in faccia e mi ha detto....

"hai ragione, che ti devo dire, è che a me questo lavoro mi piace tanto... sono diventata proprio una appassionata di questo lavoro.... tu invece sei davvero una persona speciale... ed io ti voglio un bene che è troppo... troppo bene.... ti amo tantissimo..." 
aho, parlava sempre lei senza nemmeno che riprendeva il fiato e io ci provavo ad interromperla perchè ci volevo dire che pure io l'amavo anche se erano cinque mesi che io mi addormentavo che lei ancora non era venuta, e che veniva a letto che io dormivo e poi quando io mi alzavo lei stava ancora a letto che non capisco se dormiva o faceva finta… qualche volta mi è sembrato che faceva finta… e ho pensato che povera creatura… io l'ho svegliata ma lei fa finta che non l'ho
svegliata perché se non sa che mi dispiace che l'ho svegliata… mentre io veramente non la volevo svegliare... 

e quindi... ecco… da cinque mesi che… erano passati già cinque mesi che stava lavorando e che tornava tardi… insomma mi hai capito.... hai capito che voglio dire.. no...? ...era.. insomma... vabbe', hai capito.... 
cinque mesi sono pure tanti!... e che cavolo dico io.... almeno una volta al mese... non dico che chissà quante volte... però uno pure è un uomo.... che anche una donna poi... io mi domandavo come fa che non sente un po' di friccicore come lo sentivo io....
che ci ho pure litigato con mia mamma… perché io le dicevo che Michela si stava affaticando troppo… perché il capo suo la costringeva a lavorare pure la notte…
e mia mamma mi diceva "seee, seee, a fare la zoccola! Ma lo vuoi capire o no che quella ti mette le corna grosse come una casa…?"

e io mi arrabbiavo e me ne andavo… e qualche volta le ho pure chiuso il telefono in faccia… che quella poi se la prendeva pure con mio padre e gli diceva "ma possibile che chist'è venuto strunzo esattamente cumm'a tte! Tal'e quale to' sì fatto!" 
che mio papà sbuffava e continuava a leggere il giornale e la lasciava dire…
io non ci credevo a quello che mi diceva mia mamma, perché Michela mi voleva bene… e infatti me lo aveva pure detto… dopo, ma me lo aveva detto…
e insomma lei poi ha continuato
"....e perciò io credo che anche tu mi vuoi bene tantissimo, e mi ami anche tantissimo... e io questo bene sento che non me lo merito.... e che pure tu non ti meriti di avere vicino una donna come me che non ci sta mai..... tu sei un uomo speciale... innanzitutto sei un uomo che deve avere vicino una donna che gli deve stare vicino dappertutto... e sopratutto quando poi si va a coricare... " 
...e io sono riuscito giusto-giusto a fare di si con la testa ma non ho avuto proprio il tempo di dire quello che volevo dire... 
"...è per questo che secondo me è meglio che ci lasciamo che io non voglio farti soffrire perchè tu una come me non te la meriti... tu devi avere una donna che è una vera donna... non una come me che lavora e che butta il sangue tutto il giorno a lavorare... e che la mattina sta più stanca di quando se ne è andata a dormire e che non ci sta mai perché lavora troppo per il suo capo..."
... insomma... non ci crederai quella si era fatta già la valigia.... due valige... si è presa pure un borsone che però era mio… due valige e un borsone… ha aperto la porta… se n'è andata… e non l'ho vista più.... 
e io sono rimasto come un fesso... però sono stato contento quando mi ha detto che io mi merito una donna migliore di lei.... ma solo un poco.... perchè ho pensato chissà che avrà voluto dire...
...insomma a me mi pare che quello che mi hai detto tu somiglia un poco a questa storia qua.... insomma non mi volete con la scusa che non posso lavorare da voi perché sono "troppo" bravo... mi pare di sentire la voce di Michela… che poi lo so che non è vero.... ma funziona sempre così.....
"no, no, e voi siete troppo bravo… sareste più bravo di tutti noi… con noi vi trovereste male perché voi sapete fare troppe cose e le sapete fare pure bene…"
Come con Michela.... mannaggia a Michela e a quando l'ho incontrata.....
Quando ce l'ho detto a mia mamma, che ci ho detto "sai mamma, Michela se n'è andata…" lei subito a fatto "Ah! Assa fa 'o cielo!... e addo' se ne gghiuta?"
"non lo so… mi ha detto che lei mi amava troppo… e proprio perché mi amava troppo e pure io l'amavo… e che il mio amore non se lo meritava… e che io mi merito una donna migliore di lei… insomma ha preso le valige e se ne è andata… non lo so dove se ne è andata…"
"sicuramente a ffà chella zoccola che è sempre stata…!"

Io mo' vorrei proprio sapere se veramente Michela mi voleva troppo bene o se aveva ragione mia mamma che diceva sempre che era una zoccola… dottore ma ditemi la verità…. Ma veramente la trovo la donna che mi debbo meritare…? 

Mia mamma dice che io giusto una zoccola mi merito perché so' strunzo comm''a papà… io ho pure pensato "ma allora mia mamma è 'na zoccola…?" io ce l'ho pure detto a mamma "mamma – ci ho detto – ma allora pure papà s'è preso a 'na zoccola…?"

…dottore quella non mi ha fatto nemmeno finire la frase che mi ha tirato 'na seggia 'nfronte e ma ciaccato… che lo vedete questo bernoccolo…? Questa è la seggia che m'ha tirato in testa mamma… 
che mentre me la tirava m'ha gridato appresso 
"e secondo te si pateto se pigliava a 'na zoccola te faceva campa' dint' 'a sta casa e mmerda? Pateto è strunzo… ma tu si cchiù strunz'ancora pecchè te miette ch' 'e zoccole e ffaie pure 'na vit'e mmerda!"

Dottore, me lo sapete dire voi perché mi ha detto così…? Dottore…. Dottore…. Ma dove siete…? 

 

 

mercoledì 27 agosto 2008

Meno male che c'è il Ministro Mariastella

Sono nella prima pagina di Repubblica online, e leggo l'articolo che trovo alla URL: http://www.repubblica.it/2008/07/sezioni/scuola_e_universita/servizi/docenti-nord-sud/corsi-insegnanti-sud/corsi-insegnanti-sud.html:

Il ministro Gelmini a tre settimane dalla ripresa scolastica "Taglieremo 85mila docenti e abbatteremo gli sprechi"
"Scuola del Sud abbassa la qualità. Corsi agli insegnanti meridionali"

CORTINA D'AMPEZZO (Belluno) - "Nel Sud alcune scuole abbassano la qualità della scuola italiana. In Sicilia, Puglia, Calabria e Basilicata organizzeremo corsi intensivi per gli insegnanti". La risposta alle parole di Bossi arriva dal ministro dell'Istruzione. E' passato un mese da quando il leader del Carroccio, dal palco del congresso nazionale della Liga Veneta a Padova, gridò nel microfono che era l'ora di finirla di far "martoriare i nostri figli da gente che non viene dal Nord". A tre settimane dall'inizio delle lezioni, Mariastella Gelmini annuncia alla platea di Cortina d'Ampezzo che l'ha invitata ad un dibattito pubblico, la strategia per migliorare la scuola italiana: corsi ai prof del Sud; taglio di 85 mila insegnanti; riduzione degli sprechi.
"La scuola deve alzare la propria qualità abbassata dalle scuole del Sud", ha detto il ministro bresciano. "Organizzeremo dei corsi intensivi per gli insegnanti del Meridione". Sembra che un test elaborato da Ocse-Pisa - l'Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione - vede la nostra scuola al 37esimo posto con un trend decrescente di anno in anno. "E' una realtà - ha detto il ministro - a cui bisogna porre rimedio".
E il "rimedio", il ministro all'Istruzione lo pone con i corsi agli insegnanti del Sud e il taglio di 85 mila docenti tra il 2009 e il 2011. "Chi critica la riduzione dei professori, indichi una strada diversa". La Gelmini vuole anche aumentare le ore: "E' giusto dare agli insegnanti gli strumenti per svolgere il proprio ruolo e un riconoscimento sociale. Reinvestiremo i soldi recuperati dagli sprechi e dal taglio sulle spese per il personale, premiando chi raggiungerà i migliori risultati".

(23 agosto 2008)

Vivail cielo! finalmente qualcuno che si è accorto che i nostri poveri studenti del Sud sono vessati e giudicati da una masnada di insegnanti ignoranti e presuntuosi.

La speranza quindi, che venga fatta giustizia è alle porte.

Verranno infine, quali orde di intelligentissimi e preparatissimi educatori inviati dal governo centrale, centinaia – forse migliaia! - di sapientissimi docenti docenti del Nord Italia, a rendere giustizia della insipienza culturale all'origine della quale sono nati e cresciuti – vorrei dire “hanno bivaccato” per decenni senza meritare di sopravvivere nemmeno nel ricordo – Pirandello, Verga, Sciascia e tanti altri ignorantissimi personaggi che a quelle stesse inquinate fonti si sono abbeverati.

Meno male che c'è il Ministro Mariastella Gelmini che aiuterà i nostri ignorantissimi figli e nipoti a migliorarsi rendendoli degni dei loro simili del nord.

Il Sud: che immane tragedia il pensare che “riesce”, con la sua indolenza ed insipienza ad abbassare financo il livello della qualità della scuola e dell'istruzione nazionale!


domenica 24 agosto 2008

Sono in “www.asca.it”, e leggo:

Sono in “www.asca.it”, e leggo:

BONDI: POSIZIONI FAMIGLIA CRISTIANA DANNEGGIANO CHIESA (REPUBBLICA).

(ASCA) - Roma, 14 ago - Famiglia Cristiana continua ad ''esprimere opinioni su questioni politiche e sociali che riflettono una cultura che sbrigativamente viene definita catto-comunista. Non capisco perche' il suo direttore neghi scandalizzato questa accusa''. In questi termini il Ministro per i Beni e le Attivita' culturali, Sandro Bondi, valuta i recenti interventi del periodico dei paolini critici verso il governo.

'Quello che mi sorprende - tiene a sottolineare Bondi in un'intervista a 'La Repubblica' - e' soprattutto il tono, che non si addice ad un settimanale cattolico''. Ma l'ex coordinatore di Forza Italia non si meraviglia. ''Il filo conduttore e' sempre quello: la simpatia per i 'cattolici adulti' (primo fra tutti Prodi, ndr) e l'antipatia viscerale per Berlusconi''.

Non credo alle “antipatie viscerali”, ma penso che qualcuno dovrebbe pur prendere infine una volta per tutte le distanze da chi, come sembra di capire, non ha la coscienza a posto; sarebbe in effetti questo, un atto di giustizia nei confronti di tutte le persone oneste e per bene.
Vero è che fino a prova contraria siamo tutti presuntivamente non colpevoli, ma è anche vero che laddove questa presunzione sembra venire a mancare, si faccia chiarezza affrontando senza indugio il giudizio, non paventando inesistenti complotti e soprattutto giammai costruendosi ad hoc leggi tendenti ad annullare quello che per gli altri sarebbe un reato.
Ciascuno di noi normali è tenuto a rapportarsi alle leggi ed alle norme vigenti, e non costruire le norme e le leggi affinchè giustifichino come lecito l'operato.
Opera questa di chi, detenendo il potere farebbe di se un dittatore e non un governante democratico.
Anzi proprio chi detiene il potere in un paese democratico, dovrebbe dare il buon esempio sottostando alle leggi che ne hanno consolidato la storia nel corso degli anni.
Se la legge è uguale per tutti, ed essere a tutela dell'intera collettività, buona o cattiva che sia, e non a vantaggio di pochi singoli, deve essere veramente uguale per tutti.
E se c'è chi non è degno di onorevolezza, è giusto che si ritiri o che venga cacciato via definitivamente fino a che non accetti di essere giudicato.
Al di là del credere o meno in Dio, resta di fatto che non è questa terrena la “vita eterna”.
Anche i presunti “Potenti” sono destinati a finire.
Pur seppelliti in sarcofaghi d'oro e vellutati, all'interno non resteranno di lui che ossa e marciume.
Quello che fa diventare grande un uomo, ed a renderlo immortale è la memoria che riuscirà a lasciare di lui.
Indipendentemente dai suoi possedimenti, seppur molti e di grande valore.
Questi saranno soltanto soltanto come brandelli di carne sparsi nel campo su cui, alla prima occasione, si abbatteranno fameliche iene rimaste ad attendere il momento dell'abbandono.


Sono seduto in attesa, nel corridoio di un Ospedale pediatrico.

Sono seduto in attesa, nel corridoio di un Ospedale pediatrico.
Sono qui per motivi di lavoro.
Vedo passarmi davanti bambini ai quali non riesco a dare un'età.
Troppo esili o minuscoli la gran parte di loro; tutti con uno sguardo indifeso.
Hanno in comune la rassegnazione.
L'impressione è che siano abituati a quell'ambiente.
Magari più che all'ospedale sono abituati a convivere con la loro malattia.
Volutamente non scrivo “patologie”; nessun bambino penserebbe di avere una patologia, ma piuttosto di essere semplicemente “ammalato”.
Mi chiedo se mai prima di mandar giù le loro bombe chirurgiche, o scaraventare le loro sventagliate di mitra tra i bambini mischiati alle folle, qualcuno di quei soldati, o capi di stato, siano mai stati seduti in attesa in un corridoio di un ospedale pediatrico.
Se sui loro volti si sono mai disegnate le stesse espressioni che ho visto in quei genitori, medici, infermieri che li accompagnavano mentre aspettavano che arrivasse il momento della visita, dell'indagine, del risultato.
In un ospedale pediatrico c'è una magica complicità che accomuna genitori, medici ed infermieri, rendendo ciascuno un figlio di tutti.
Lo si legge negli occhi.
Mi è capitato di stare seduto in attesa, anche nel corridoio di un ospedale normale.
Dove davanti mi passano soprattutto gli anziani.
Anche di loro non riesco a dare un'età.
Anche nei loro volti leggo una strana abitudine a quell'ambiente.
Ho provato ad accomunare i visi di questi ultimi, con quelli dei bambini per individuare la differenza di quella strana rassegnazione che li differenzia.
Cercare di interpretare cosa raccontasse quell'apparente identico modo di vivere l'attesa.
Niente li accomuna.
Nei bambini c'è l'immagine di una radicata convinzione di un passaggio momentaneo.
Prima o poi finirà, usciranno fuori, ritorneranno ai loro giochi, amici, familiari; forti e sani come prima se non di più.
Anche se per qualcuno non sarà poi così.
A nessuno di loro l'età impedisce la speranza.
Anche ai più disperati.
Per gli altri c'è la rassegnazione di chi si accorge che forse sta veramente finendo.
Che pur uscendo di lì, non sarà più come prima.
Che nel frattempo qualcos'altro si è consumato ancora un poco.
Qualcosa che non può essere più aggiustato o sostituito.
La testimonianza di un altro pezzo di vita che si allontana.

lunedì 18 agosto 2008

"BAVAGLIO". Io lettore penso che...

Una cronaca degli ultimi 3 mesi (Maggio/Luglio) dell'anno 2008, con dei flashback risalenti a qualche anno addietro giusto per chiarire alcuni dei collegamenti "narrativi". Come leggere uno dietro l'altro gli articoli di un giornale ritagliati e conservati, dove viene raccontata la "storia" di un'Italia irriconoscibile. Leggo il libro quasi d'un fiato. Come si fà con un romanzo d'avventura. Un romanzo "avvincente e ricco di sorprese". Una piccola differenza: tutto quello che viene "narrato" è accaduto e/o sta accadendo. Una sintesi degli avvenimenti recenti di una storia contemporanea, proposta senza alcun commento; semplicemente offerta alla lettura. Neanche la più fervida fantasia di uno scrittore di romanzi polizieschi riuscirebbe a produrre una storia così "fantasticamente" irreale, ma purtroppo per noi proprio per questo quanto mai vera.
Credo o non credo a quello che ho letto? Confesso che non posso non crederci. Se le cose narrate non fossero vere, ci sarebbero state smentite e denunce. Forse il libro sarebbe stato ritirato dalle librerie. Se nulla di tutto questo è accaduto, qualcosa vorrà dire. D'altronde un continuo riscontro dei fatti, trovano conferma in quanto da me nel corso del tempo capito pur se non in maniera così chiara come il libro consente di fare. Mi chiedo perchè i personaggi che fanno parte del "racconto" continuino a restare dove si trovano. Perchè l'imbarbarimento del popolo italiano sia arrivato al punto tale da accettare con entusiasmo di essere governati da simili esseri umani, che di "onorevole" hanno molto poco. Niente in verità.
Una testimonianza intrinseca della pesante e gravosa responsabilità che cade su tutti quegli italiani, sembra incredibile che siano più della metà della popolazione!, che hanno votato questo governo ed i loro pericolosi accoliti.

"Il caffè sospeso". Io lettore penso che...

Ho nuovamente ricomprato un libro di De Crescenzo, e come già accaduto per altri suoi testi precedenti (ne posseggo ahimè! un bel po'), ho abbandonato la lettura senza essere riuscito nemmeno a giungere alla metà. 
Gli euro spesi mi hanno imposto più di un tentativo per portare a compimento la lettura, ma la vacuità del suo contenuto mi ha costretto alla "resa". 
Le premesse davano spazio ad un libro che seppure si presentava essere "senza infamia e senza lode", consentisse di trascorrere un po' di tempo in buona compagnia. 
Se dovessi raccontare cosa io abbia letto, farne un seppur breve riassunto o sintesi, faticherei non poco.
Racconti di una banalità e pochezza sconcertante! 
Visto lo scarso interesse al contenuto, mi sono interessato alla forma narrativa dell'autore. 
La mia impressione è che quest'ultimo non sia affatto "cresciuto". 
Il tempo ed i seppur tanti libri fino ad oggi pubblicati, hanno lasciato una forma "acerba" come ai tempi di "Così parlò Bellavista".
 Che all'epoca era sufficiente proprio perchè scritto agli inizi di una potenziale carriera di scrittore che però non si è affatto evoluta. 
Nel corso del tempo è rimasto quello scrivere scialbo, poco incisivo e banale, per nulla maturato come sarebbe stato logico aspettarsi. 
Quasi da compitino di scuola media. 
Dopo quel primo libro, avrebbe dovuto fermarsi subito, affinchè rimanesse di lui un buon ricordo ed un breve rammarico in chi avrebbe potuto dire “De Crescenzo? Ma chi, quello di 'Così parlò Bellavista'? Peccato non abbia scritto più niente. 
Chissà dove sarebbe potuto arrivare!”

sabato 16 agosto 2008

Inserisco in Google “BOSSI DITO MEDIO”.

Quello che segue è il testo integrale di quanto ho trovato cercando in Google dopo aver inserito "BOSSI DITO MEDIO".

Si tratta di un articolo del "Corriere della Sera" che inserisco integrale con relativa fonte, ma senza alcun commento perché devo dire di essere rimasto senza parole, pensando che chi parla è un ministro della Repubblica Italiana.

Il Ministro delle riforme.

Non sembra più una volgare e sconcia esternazione di un terrorista, che un discorso di un ministro?

Forse che a giustificazione delle sue parole, si debba considerare il suo stato di salute abbastanza precario, che potrebbe aver leso anche altre parti vitali del corpo?

Il suo modo di interpretare il ruolo di ministro non lo rende un "tanti nello" incompatibile con le istituzioni? Non capisco è perché non si faccia nulla per porre rimedio a questo stato di cose.

Corriere della sera – 10 agosto 2008

A Pontida Il Senatur: conosco solo il mio partito. Resterò in politica finché i padani saranno liberi

Bossi: il dito medio ce l'ho ancora. Il Pdl mantenga la parola o lotterò

«Federalismo una tappa. Poi la polizia locale e una scuola che parli al Nord»

PONTIDA (Bergamo) — «Gli antichi romani tagliavano le dita ai prigionieri, quelle con cui tiravano le corde dell'arco. Ma noi, le dita le abbiamo ancora tutte. Anche il dito medio». L'avvicinarsi della grande sfida del federalismo fiscale spinge Umberto Bossi ad alzare i toni. Nella «sua» Pontida, alla festa del locale Carroccio a cui non manca mai di partecipare, l'avviso ai naviganti percorre tutto il discorso del capo leghista, mai così incendiario da parecchio tempo.

Spiega Bossi infatti che «il federalismo fiscale è soltanto un punto di passaggio, ma il nostro obiettivo è la libertà per tutti popoli del Nord». Di più: Bossi ricorda a tutti che il palazzo non è importante, importante è la Padania: «Noi non abbiamo fondato la Lega per vincere le elezioni, l'abbiamo fondata per tornare liberi ». A conferma del momento delicato nei rapporti tra Lega e resto della coalizione, Bossi poco prima aveva alzato le spalle alla domanda sul congresso del Pdl: «Conosco soltanto il mio partito».

Al fuoco, appunto, c'è il federalismo fiscale: «Presto vedremo se quelli con cui abbiamo trattato manterranno la parola oppure no. Ma se non la manterranno, sarà lotta di liberazione». Bossi sembra arrabbiarsi con «la vergogna della spesa storica. In certe regioni abbiamo una classe dirigente che fa accapponare la pelle. Spendere, spendere, spendere... tutto questo finisce con il federalismo ». Quella che non finisce è la missione del Carroccio e dello stesso Umberto Bossi: «Io starò nella politica fino a quando il Nord non sarà libero e non avrà i suoi diritti. E se non si potranno conquistare democraticamente li conquisteremo con il cuore, con il coraggio e con la battaglia». Di qui, alle nuove rivendicazioni il passo è breve: «Dopo il federalismo chiederemo altre competenze, la polizia locale e la scuola». Ed è proprio quest'ultima, secondo il capo leghista, la chiave di volta: «Ci mandano insegnanti che non sanno niente della nostra storia. E invece noi dobbiamo insegnarla alle nostre famiglie e ai nostri figli, altrimenti non saremo mai liberi». Obbligatorio il riferimento al film sulla battaglia di Legnano: proprio l'altro giorno Bossi è andato a prendere a Malpensa il regista Renzo Martinelli di ritorno dalla Romania dove ha girato le scene della battaglia.

Poco prima di parlare al pubblico, Bossi aveva risposto alle domande dei cronisti. Sull'Expo, ad esempio. Nessuna brutta figura per il ritardo nel decreto per la costituzione della società operativa: «La brutta figura l'ha fatta chi non è riuscito a portare a casa niente». Ma ha ragione Giulio Tremonti che vuole un consiglio d'amministrazione o il sindaco Letizia Moratti che punta a un amministratore unico? «Ci sono tanti soldi in ballo, Tremonti si preoccupa...». Marco Cremonesi

Marco Cremonesi
10 agosto 2008

Cinismo 1

Questo pomeriggio il mare è un bel po' più che semplicemente "increspato".

A definirlo "agitato" non si avrebbe alcun timore di esagerare.

Le sue condizioni sono quelle in cui incoscienti, più che temerari bagnanti danno il meglio di sé.

Adulti, ragazzi e bambini, fendono con entusiasmo ingenuo e colpevolmente inconsapevole, le onde che si infrangono sulla spiaggia, infilandosi in un rapido susseguirsi di bianca e dirompente spuma d'acqua.

Sono seduto sulla spiaggia, non troppo esposto alla violenta risacca delle onde, non sdraiato ma guardingo ed osservo il mare veloce ripetersi in susseguirsi di agitato di onde; sento il vento insinuarsi tra le pagine del taccuino tentando di sconvolgerlo; ascolto l'incomprensibile accavallarsi delle voci provenire da lontano.

Mi viene naturale pensare quanti sempre più spesso sfortunati salvataggi si legge dove piuttosto che l'incosciente bagnante, rimane vittima del violento maroso il salvatore – altrettanto non sempre esperto di mare – che ci rimette le penne.

A scanso di equivoci chiedo a tutti di leggere il cartello che ho apposto ben chiaro e leggibile accanto alla mia borsa da mare:

"Mi spiace non essere tanto idiota come voi, ma soprattutto di non aspirare alla gloria. State però tranquilli, se fosse necessario farlo, sono qui per raccontare a chi lo chiedesse, com'è accaduto lo sfortunato incidente".

…e beh! Il solito problema del "lavoro sporco". Se occorre, dovrà pur esserci qualcuno dispostgo a farlo!

giovedì 7 agosto 2008

Apro Google ed inserisco “Bossi vilipendio”.

Apro Google ed inserisco "Bossi vilipendio".

Tra i vari link offerti scelgo http://www.unita.it/view.asp?idContent=77794 .

Leggo dapprima il titolo dell'articolo:


 

"Bossi, vilipendio all'Inno. Procura chiede archiviazione"


 

E quindi di seguito la sintesi del contenuto.

"Non costituirebbero reato ministeriale le espressioni e il gesto sull'Inno di Mameli usati da Umberto Bossi a Padova, per i quali risulta indagato come «atto dovuto». La conclusione è contenuta nella richiesta di archiviazione che accompagna l'invio del fascicolo per l'ipotesi di reato di vilipendio trasmesso al tribunale dei Ministri dal procuratore aggiunto della Repubblica di Venezia Carlo Mastelloni.

Il fascicolo era stato aperto dalla procura della Repubblica di Venezia sulla base di una nota informativa della Digos di Padova riguardante il discorso fatto da Bossi nel corso del congresso della Liga Veneta-lega Nord, il 20 luglio scorso."

Bossi è un ministro della Repubblica; nella fattispecie "Ministro delle riforme".Si tratta di un "Ministero"; niente a che fare con il "Riformatorio" dunque, anche se l'associazione di alcune delle voci farebbero pensare a qualcosa del genere.
Un ministro oltre ad essere "Onorevole" come nome identificativo, dovrebbe esserlo anche come aggettivo.
Insomma ci si aspetta che un "Onorevole" sia di fatto anche "onorevole".

Un ministro della Repubblica, pur se non è Il primo cittadino" della repubblica – quel ruolo è ricoperto dal Presidente della Repubblica" - , ne è comunque uno dei primi.

Su sessanta milioni di persone circa, è una bella posizione!

Più degli stessi semplici "onorevoli", nel senso che non sono ministri, che compongono il Parlamento.

Dunque un esempio; per tutti.

Giovani, ragazzi ed anziani: insomma persone di tutte le età.

Compresi gli stranieri che vi circolano liberamente, a torto od a ragione, per motivi turistici o di lavoro; o perché hanno scelto questo paese come loro residenza.

Davvero un bell'esempio di civiltà e di rispetto per lo Stato e per le leggi che lo regolano, per tutti!

Vorrei anche capire cosa voglia dire "Reato ministeriale".

Il suo significato, confesso, mi è oscuro.

Tranne che non sia una giustificazione per una franchigia ancor più ampia di quanto non sia già concessa a chi ci governa, e dovrebbe farlo con giudizio, accortezza e senza inculcare sentimenti di ribellione o terroristici.

Non vedo giustificabile il motivo con cui sembra sia stato fatto passare l'episodio: "Espressione non detta da un Ministro, ma da un esponente o capo di partito politico".

Bella schifezza di capo e bella schifezza di partito politico, devo dire; forse si tratta di un partito politico sovversivo? Gestito da un capo politico sovversivo?

Io un partito così non lo voterei giammai; ma nemmeno chi ci sta dentro: io non sopporto ignoranza, ignominia, e la sfrontatezza e l'arroganza con cui gli ignoranti si pongono a maestri di vita.

Non sono in grado di confrontare questi episodi con possibili situazioni similari di altri paesi civili.

Devo però constatare che in Italia funziona così:

un ministro può proprio in quanto tale offendere liberamente i simboli dello stato che lo ha eletto e che gli permette di sopravvivere, "curarsi", mangiare e quant'altro, e quindi tutti i suoi cittadini;

un ministro può proprio in quanto tale offendere la memoria di coloro i quali hanno nel passato combattuto e sono morti per quello stato sul quale sputa e vitupera, e che per quei simboli hanno lottato, hanno difeso, in quei simboli si sono riconosciuti;

un ministro può proprio in quanto tale offendere la memoria di tutti quelli per i quali quei simboli sono stati il loro ultimo abito, l'inno la loro ultima espressione di vita sulle labbra.

Questo qualsiasi ministro può restare impunito perché gli è consentito di farla franca grazie a quelle leggi ed a quei magistrati che non perde occasione di offendere e malversare con frasi spesso ingiuriose.

Complimenti; davvero complimenti a chi queste cose tollera e difende, consentendo l'autorizzazione ad eventuali migliorie alla prima prossima occasione.

Ma se quelle cose le avesse dette e fatte un "Tizio Sempronio" qualsiasi, il risultato sarebbe stato lo stesso, o qualcuno si sarebbe fatto scrupolo di denunciare, arrestare e condannare?

Ma la legge non è uguale per tutti? E per chi in quanto "Onorevole" dovrebbe essere un esempio per gli altri, e commette azioni indegne di essere definite "onorevoli", non dovrebbe essere un po' più uguale, ovvero restrittiva?

Non dovrebbe essere cacciato via dal Parlamento in quanto rappresentando così tutti coloro che ne fanno parte, ne disonora il senso ed il ruolo?

Un ministro, è sempre ministro; non può essere una volta ministro ed una volta "Capo di partito".

Secondo questa logica quindi, anche un ladro non è sempre un ladro o l'assassino non è sempre un assassino; resta il fatto però che un "farabutto" resta un farabutto anche quando mangia, torna a casa, accompagna i figli a scuola, mentre si fa la barba.

Mi rendo conto di una sacrosanta verità: il problema non è il "Ministro", ma tutti coloro che lo hanno votato e lo hanno reso tale.

Dove è finita l'Italia! In che mani si trova! Poveri davvero i nostri figli, se dovesse ancora durare così! Spero davvero che se devono passare altri cinque anni, che passino in fretta.


 


 


 


 

domenica 13 luglio 2008

L'esame di guida.

Ciccio e Tore non riuscivano a nascondere la loro emozione.
Il gran giorno era finalmente arrivato.

Oggi avrebbero fatto l'esame di pratica dopo aver superato egregiamente quello di teoria.

I quiz erano andati alla grande: un solo errore ciascuno.
Non avrebbero mai saputo quale, ma quella lunga serie di domande tra le quali scegliere quella o quelle corrette tra le tante risposte già in elenco, era ormai alle spalle.
Importante ora, era non farsi prendere dal panico.

Sapevano entrambi che poteva bastare poco per rendere vano tutto il tempo trascorso, tra le guide fatte con l'istruttore e quelle “estorte” ai rispettivi padri scettici nell'affidare la guida della propria automobile, a degli inesperti prossimi autisti.

Entrambi avevano dovuto far festa a scuola, perchè l'esame era programmato a partire sin dalle otto e trenta del mattino.

Amici ma non compagni di classe; le loro strade scolastiche si erano divisde alla fine del biennio scegliendo, ognuno di loro, un percorso successivo diverso.

Quando sarebbe stato il loro turno e chi dei due il primo, non era però dato saperlo.

Per quel giorno sarebbero stati circa una decina in tutto.

Prima o poi sarebbe toccato a tutti. Si trattava solo di aver pazienza.

Il dubbio era il solito: meglio prima, quando l'ispettore è ancora fresco ma forse per questo più esigente, oppure a fine giornata, quando è ormai stanco ma probabilmente proprio per questo nervoso?

Arrivarono in agenzia con largo anticipo e scoprirono di essere stati i primi a presentarsi.

Anche se questo non avrebbe significato essere i primi ad affrontare l'esame.

Graziella, la ragazza della scuola guida con la quale si era creata una buona amicizia, sorrise nel vederli e subito si accorse del timore che li pervadeva entrambi.

Nel corso delle guide avevano raccolto sistematicamente i complimenti dell'istruttore; la loro abilità gli aveva evitato di affrontare un incremento di spesa per ulteriori esercitazioni.

“Salve ragazzi!, già qui? É ancora presto. Siete i primi.”

Non poteva non accorgersi del loro stato. Glielo si leggeva in viso.

Fino al giorno precedente sempre scherzosi, ora invece tutti seri e tirati.

“Suvvia, non vi dovete preoccupare. Vedrete che andrà tutto bene”.

Il tentativo di tranquillizzare i due esaminandi non riusciva a raggiungere il risultato sperato.

“Vi ho detto di stare tranquilli. Credetemi.” Insisteva Graziella.

Visto che le sue parole finivano nel vuoto, decise che di Ciccio e Tore poteva fidarsi.

Gli avrebbe raccontato un segreto che avrebbe dovuto religiosamente tacere.

“Vi dico una cosa che non dovete raccontare a nessuno. Siete capaci di mantenere un segreto? Di star zitti anche a casa? Se si venisse a sapere me la passerei davvero male!

Oggi siete tutti fortunati: l'ispettore che sarebbe dovuto venire per l'esame ha avuto un impedimento improvviso. Se ci fosse stato quello, avreste dovuto fondare tutto sulle vostre abilità e sul vostro sangue freddo.

Al suo posto viene una ispettrice donna. Si è presentata subito. Ha visto quanti siete da esaminare, e ci ha fatto il conto degli euro da darle per ciascuno di voi per promuovervi, altrimenti ha detto “li boccio tutti senza distinzione”. Ovviamente abbiamo accettato la sua richiesta. Quindi.... Ma mi raccomando: silenzio!”

Ancora pochi minuti e cominciarono ad arrivare anche gli altri.

Gli esami iniziarono a metà mattinata.

Due le auto: una con l'ispettrice, l'istruttore e l'esaminando di turno.

L'altra dietro a seguire con altri quattro aspiranti patentandi in attesa.

Il tutto finì nel corso del primo pomeriggio.

Sembrava fosse durata un'eternità, ma alla fine la gioia fù incontenibile: andarono subito in agenzia a ritirare la patente già pronta.

I saluti ed i ringraziamenti di rito, le risate, le battute e finalmente... era fatta!

Effettivamente era andato tutto come previsto e come era stato annunciato.

Tutti promossi.

Davvero se la sarebbero meritata comunque, oppure se il titolare dell'agenzia si fosse rifiutato....?

Ciccio e Tore non volevano pensarci nemmeno.

Quel documento magico che li autorizzava a mettersi alla guida di un auto, era finalmente in loro possesso.

Se si fossero comportati bene, nessuno gliela avrebbe tolto più.

La loro coscienza era tranquilla, perchè erano convinti di non aver avuto nessun regalo.

Insieme andarono al bar per un succo di frutta liberatorio e poi finalmente a casa.

Ora ad entrambi non restava che l'ultima lotta: convincere i rispettivi papà ad affidargli l'auto di famiglia.


Di nuovo il referendum

Chi governa uno stato è l'espressione del popolo che lo ha votato.

Se questo è uno dei principi di una democrazia, e se l'Italia è un paese democratico come dice di essere, questo è un principio che vale anche per chi ne è il suo popolo.

Se un altro dei principi della democrazia stabilisce che a governare sia colui che è stato eletto dalla metà più uno degli aventi diritto al voto, per rispetto a questa metà, l'altra, quella metà meno uno degli aventi diritto al voto, ha l'obbligo di accettare il risultato.

Perchè dunque tanto accanimento nei confronti di Berlusconi e compagni, laddove la sua presenza quale primo ministro, è il risultato dell'espressione della maggioranza del popolo, che in lui si è riconosciuta.

In lui ed in quelli che lo contornano.

Non ho votato Berlusconi e nemmeno lo voterò mai, ma devo accettare ob torto collo che oltre la metà dei miei connazionali si identificano in lui.

In quello che è stato, in quello che è, che ha fatto, in quello che pensa, in ciò che pensa di fare.

A mio avviso è inutile che si urli ora allo scandalo, sia l'opposizione di pseudocentrosinistra che quella di finto centro.

Opposizioni che fino ad oggi hanno accettato che andasse avanti chi non ha mai cercato di nascondere le sue intenzioni ed il suo modo di interpretare la gestione della cosa pubblica.

Passato lo scoglio del primo scandalo, quello “Originale”, ormai è necessario, fa d'uopo, accettare silenziosamente, passivamente tutto il resto.

Lo scandalo “Originale” è stato quello di consentire che si candidasse a primo cittadino della Repubblica colui al quale oggi, dopo un bel po' di tempo dalla sua elezione, e dopo reiterati tentativi di accordi andati a mal partito, si imputano azioni e cose che erano già note prima.

A questo punto il “premier” & C. hanno perfettamente ragione: se si è deciso che potessero governare, ora è necessario che li si lasci fare.

Inutile stare a scandalizzarsi per cose che si conoscevano anche prima.

Oltre tutto essendoci stata una esperienza precedente, non si può nemmeno avere a propria giustificazione la sorpresa o l'inganno.

Non è oggi che l'attuale primo ministro non dovrebbe poter governare.

Non gli si sarebbe giammai consentito di potersi candidare.

Se l'ha fatto, e se è stato financo eletto, allora vuol dire che tutto gli è concesso.

Anche farsi le leggi ad personam.

Perchè così vuole la maggiopranza degli italiani.

Una maggioranza che testimoniando la propria incompetenza a decidere chi debba governarla, stabilisce ipso facto che a decidere siano altri.

E questi altri oggi sono il Partito della Libertà.

Quale libertà, da chi e da cosa, e sopratutto di poter fare cosa, è chiaro già da anni.

Non aggiungiamo la beffa al danno.

Si è accettato passivamente che avrebbe potuto far tutto quello che si sapeva e capiva avrebbe fatto?

Beh ora che lo si lasci fare.

Evidentemente la dose di vaccino non è stata sufficiente.

Ne occorre un'altra.

I referendum dunque andavano fatti prima.

Probabilmente si sarebbero persi, visto come sono andate le cose.

Visto anche che chi lo ha votato ha deciso tra due opzioni:

  1. so chi è e che cosa ha fatto, che cosa potrebbe fare, cosa certamente farà e lo voto lo stesso perchè mi conviene.

  2. non credo assolutamente a quello che si dice su di lui, sono tutte calunnie. Quindi lo voto.

Chi non ha visto, o pure avendo visto ha accettato, continuerà a non vedere e ad accettare.

Il referendum di oggi, quello che vuole Di Pietro, persona pur stimatissima ed intelligente, è solo una perdita di tempo e danaro.

Per i prossimi cinque anni le cose non cambieranno.

Piuttosto che continuare a viverli come la sinistra - centrista o meno che sia - ci ha fatto vivere questi ultimi sei anni e poco più, viviamoli così come vengono. Continuare a contestare non servirebbe a far altro che a radicare nelle persone la convinzione di una condizione di martire in cui il desso si crogiola di farsi ritenere.

D'altronde mi chiedo dove sta la “sinistra” che può contrastare il Popolo della libertà, visto che sino ad ora è stata proprio la “sinistra” a convalidarne l'ascesa al potere?


mercoledì 25 giugno 2008

Cinquanta centesimi.

Ruggiero camminava pensieroso borbottando, tra sé e sè, per via dei cinquanta centesimi che gli mancavano per raggiungere la somma da destinare all'acquisto di un nuovo pacchetto di sigarette.

L'ultima del precedente l'aveva ormai spenta da oltre tre ore, e sentiva di stare entrando in crisi d'astinenza.

Il bisogno di fumare lo stava irritando al punto di non accorgersi di quello che gli accadeva intorno, e nemmeno del mendicante Elpidio, che come sempre stazionava con la mano tesa a “coppetto” con sopra poche monete, giusto all'angolo della piazza.

Elpidio usava sistemarsi proprio accanto all'uscita – che era anche ingresso in verità – del bar “Il Paradiso del café” - con una sola “effe”, perchè così sembrava più naturale – di Eduardo.

Ogni tanto un nome normale.

Era convinto che quello fosse un buon posto.

Chi mai, dopo aver sorbito uno dei cafè più buoni del paese, non si sarebbe sentito tanto in pace con se stesso da rifiutare una breve mancia uscendo dal bar?

Praticamente quasi tutti.

E questa cosa tormentava molto il cuore, il pensiero e la tasca di Elpidio-

Il brav'uomo però, che non riusciva a rassegnarsi ad un'idea era stata infelice, diabolicamente nemmeno smetteva di insistere cambiando posto.

Ruggiero era frettolosamente uscito dalla tabaccheria di Eulalio (ci mancava da tempo un nome così), a pochi numeri civici dal bar, appena si era reso conto di non riuscire, seppure di poco, con i soldi che aveva nel portamonete a raggiungere l'importo che gli sarebbe servito.

Nella fretta di uscire di casa, aveva dimenticato di portare con sé il portafogli.

Per un momento aveva anche pensato ad un furto con destrezza ma poi, rifacendo il percorso mentalmente, si era reso conto di averlo lasciato sullo scrittoio in camera da pranzo.

Ruggiero dunque, lo avevamo lasciato nel mentre, borbottando da solo distrattamente, raggiungeva il punto dove Elpidio svolgeva stoicamente il suo ingrato ed infelice compito.

Quest'ultimo vedendolo arrivare, sperando in un gesto di improvvisa generosità da parte di Ruggiero, generosità sulla quale nessuno avrebbe mai scommesso un centesimo per cui non è dato sapere da dove gli venisse questa pia illusione, stendendo il braccio destro, con la solita mano acconciata “a coppa” e con dentro alcune monetine messe lì ad invogliare, gli si faceva da presso osando timidamente “Qualche spicciolo per le sigarette, signore?”

Il volto di Ruggiero si illuminò.

Sorridente ringraziò Elpidio riptutamente e si scelse quanto bastava per raggiungere l'importo mancante, e di corsa tornando indietro raggiunse la tabaccheria nella quale entrò trionfante, lasciando Elpidio con un palmo di naso.


lunedì 23 giugno 2008

Mezza pensione....

Vedo passarmi davanti i piatti destinati agli altri commensali.

Abbondanti e saporosi.

Contento mi frego le mani pensando a quando arriverà il mio.

La pasta è tanta e par buona,

la fame non manca,

sul ponte sventola bandiera bianca!”

Poi la delusione.

L'impressione è che il contenuto del mio piatto sia giusto la metà di quello degli altri.

Sarà colpa della “mezza pensione”?

Mi chiedo se sono il solo a “mezza pensione”; cerco di gettare lo sguardo tra i tavoli che mi stanno intorno per scoprire la presenza del biglietto rivelatore.

Sarà che come l'erba del vicino è la più verde anche il piatto del vicino è il più corposo, ma intanto a me sembra proprio che ci sia qualcosa che non va.

L'impressione è che il mio, di piatto, si svuoti prima di chi sembra aver ricevuto la stessa quantità di minestra prima di me.

Vuoi vedere che stava terminando proprio quando ho ordinato io?

Intanto sarà la fame, ma ci dò dentro col pane finchè nel piatto rimane solo la porcellana bianca.

Mi viene quasi la preoccupazione di dover scoprire la realtà di un increscioso algoritmo:
"Mezza pensione uguale mezza porzione".

Deluso e soprattutto con l'atroce dubbio che rimane, mi alzo dal tavolo, vado a pagare e salgo in camera.

Mi rifarò con la colazione.

L'indomani.

Visita di cortesia 1

Mammà, buongiorno!

Come state?

Stamattina come vi sentite?

No! inutile che vi guardate intorno: vostra figlia non ci sta; sono venuto da solo. Sono venuto per fare una cosa che lei non capirebbe. Voi si; la possiamo capire solo voi ed io.

Li vedete quelli? Sì, proprio quelli: i lumini!

Ve li ha portati vostra nuora. La moglie di vostro figlio.

No, e non le dite queste parole che dove state voi non sta bene. Trovate qualcuno che se la prende a male e che succede? Non ne vale la pena.

...eh ma io me lo immaginavo che vi sareste incazzata, perciò sono venuto oggi...!

Eh, e già, veniva solo lui!

Ma che ci volete fare: quella neppure qui lo lascia venire da solo!

Anzi proprio qui gli sta "'ncuollo 'ncuollo". D'altra parte ha sempre avuto paura della vostra presenza e figuratevi ora che siete presente più di prima!

Mammà, mo' vi dico perché sono venuto da solo.

Sono venuto a togliervi i lumini che vi ha portato vostra nuora e a mettervi quelli che vi ho portato io perchè quelli non vi servono a niente.

Quelli sono lumini che vi fanno luce solo quando è buio. I miei no!

I miei vi danno luce pure quando c'è il sole.

Ecco fatto!

Mo' però me ne devo andare!

Mammà vi saluto.

Ci vediamo un'altra volta.

Vengo pure con vostra figlia.

Ah! ma è una fissazione! E che ve ne fate delle caramelle?

Mica che non ve le voglio portare! Vi siete scordata che non ve le potete mangiare?

Io tengo le liquirizie nella borsa; tutt'al più se ne volete una... Ma no, che poi vi lasciano la bocca brutta.

Buona giornata!

venerdì 20 giugno 2008

Solitudine

Le mani. La prima cosa che ho guardato sono state le mani.
Guardo sempre le mani della gente che incontro.
Si possono capire tante cose già guardando solo le mani.
Piegato su di se quasi che il vassoio che reggeva con dentro il piatto dell'unica pietanza, un risotto, e la bottiglietta d'acqua, lo facesse sbilanciare.
Doveva essere stato un bell'uomo e di statura non indifferente.
La solitudine aveva irrigidito i tratti del volto che non riuscivano a distendere le rughe imposte dal tempo.
Mise con cura il resto nel borsellino. Poi sistemò il vassoio e dalla tasca del soprabito che si lasciò indosso, troppo leggero per la temperatura di quel giorno, tirò fuori una radio a transistor.
La accese sintonizzandola su una stazione musicale che non conoscevo.
La sistemò dinanzi al piatto, acconciò la bottiglietta d'acqua ed iniziò a rimestare nel piatto per amalgamarne il contenuto. Lentamente incominciò a mangiare.
Il rumore della folla vociante in partenza, non sembrava infastidirlo. Era certamente abituato a quel caos.
Non prestava attenzione a cosa dicessero dalla radio; importante era averla accesa e sentirla parlare.
Un modo per restare in compagnia. Non sentirsi completamente solo.
Consumò il pasto lentamente.
Solo una scusa con se stessi a lasciar credere che il vassoio non contenesse altro.
Tutte le sere così.
Finito il pasto spense la radio, e dopo averla riposta con cura si allontanò nel suo imponente ed incerto camminare.

Adele

Alta, magra; un fisico snello.
I capelli di un bel nero corvino divisi in due lunghe ciocche che scendevano dal cappellino con il nome della ditta fino a coprirle le orecchie.
Si muoveva svelta; nervosa nella ripetizione meccanica della stessa azione.
Adele lavorava da quasi un mese al self-service della stazione. Ripuliva i tavoli. Sistemava i vassoi frettolosamente abbandonati dai viaggiatori, in quello strano silos che spingeva come una carrozzina in una nursery; ripuliva velocemente il tavolino e via daccapo.
Strano; da bambina aveva sempre pensato che con quel nome fosse destinata ad altre cose.
Si vedeva insegnante circondata da tanti bambini in una scuola elementare con un giardino bellissimo pieno di alberi e fiori.
Sì, se avesse potuto scegliere avrebbe fatto la maestra. Ma Adele aveva capito da tempo che sarebbe stata la vita a scegliere per lei; era sempre stata scelta.
Anche questa sera avrebbe finito il suo turno e poi sarebbe andata a cambiarsi. Avrebbe indossato quella gonna comprata a saldi che rendeva giustizia al suo fisico longilineo pavoneggiandosi nello specchio.
Ma chi l'avrebbe notata? Adele usava non dare molta attenzione ai suoi colleghi di lavoro; preferiva evitare, con loro, qualsiasi rapporto fuori di quei tristi locali.
Anche con le donne aveva poca confidenza. La sua timidezza le faceva correre il rischio di lasciare intendere una altezzosità o superbia che non aveva mai avuto.
Nessuno ad attenderla, fuori.
Ogni sera tornava a casa stanca e sfinita ed avrebbe voluto sdraiarsi a riposare; magari davanti alla televisione oppure con quel libro che ricominciava a leggere continuamente daccapo senza mai riuscire a terminarlo.
Una volta a casa Adele aveva da accudire la mamma ed i suoi due fratelli più piccoli. Non v'era altri che lei a poterlo fare.
Il babbo era andato via ormai da qualche anno. Un'auto che a tutta velocità gli era piombata addosso mentre attraversava la strada glielo aveva tolto quando ancora avrebbe avuto bisogno di lui.
Quasi un mese tra la vita e la morte. La mamma non si era più riavuta dal dolore. Lei aveva dovuto abbandonare la scuola e provare a cercarsi un lavoro.
Ne aveva avuti diversi; forse quest'ultimo poteva essere quello buono. Nella sua testa pensava sempre al giorno in cui qualcuno sarebbe venuto a strapparla via da quell'angoscia. Avrebbe portato con sè la mamma; avrebbe avuto di che pagare qualcuno che la accudisse.
Anche i fratelli sarebbero venuti con lei fino a che fossero riusciti a trovare un lavoro ed ad andar via per la loro strada.
Lei non avrebbe più fatto il lavoro alla mensa della ferrovia. Sarebbe riuscita a completare gli studi; voleva diventare maestra.
Ci sarebbe riuscita. Avrebbe avuto dei figli suoi da accudire e non avrebbe più avuto i piedi così stanchi e doloranti.
Quando Adele si risvegliò con l'acre odore del latte bruciato sui fornelli, si rese conto che la stanchezza aveva avuto il sopravvento.
Si era addormentata sulla sedia con indosso ancora la gonna "bella".
Da dentro una voce triste pronunciava sommessamente il suo nome con una disperata intonazione.
Si ricominciava; era già l'indomani.

domenica 15 giugno 2008

Bidonville a Pompei.

Metà giugno.

Questo è il fine settimana in cui Pompei ospita il suo bidonville.

I gazebo bianchi si susseguono uno accanto all'altro sul lato della piazza che fiancheggia il giardino, proprio di fronte all'edificio che ospita la sede del comune; il palazzo De Fusco.

Una miscellanea di oggetti, libri, stampe, cose vecchie e meno vecchie; antiche? Chissà! forse soltanto per chi vuol crederci.

Molte cianfrusaglie; forse sapendoci fare si potrebbero anche trovare delle buone occasioni pur se non saprei davvero dire di cosa.

Alcuni degli oggetti in mostra mi riportano a ricordi dell'infanzia; ma quelli che vedo è giusto che restino lì. Comprare qualcosa significherebbe, nel breve volgere di qualche tempo, far finire tutto al centro di raccolta del comune.

Mi piace girare tra i gazebo; girare e stare a guardare per curiosità.

Per trovarmi a scavare nella mia storia e scoprire qualcosa che mi riporti ad immagini vissute.

Camminare lentamente tra quegli oggetti è un po' come leggere il racconto di un'esperienza similare alla mia; somigliante, non certo la mia; ritrovare cose accantonate nella memoria simili a quelle che han vissuto con me.

Non quindi ritrovare i miei ricordi - e come potrebbero esserlo!? – ma aiutato da quelli degli altri riportare alla superficie i miei che sembravano dimenticati.

Che senso avrebbe comprare cose che mi sarebbero distanti, inermi, senza parole?

I collezionisti son gente strana che si diverte a raccogliere ricordi di altri; di tutti tranne che i propri.

Comprano e nascondono in casa cose fredde, inerti… senza anima per godere della loro esclusiva presenza, del loro possesso; della gioia di aver tolto quel possesso ad altri che altrettanto avrebbero fatto con piacere se avessero potuto giunger per primi.

Solo immagini senza vita di cui non riusciranno ad ascoltare le voci; ricordi che non potranno raccontare la loro storia ma solo riflettere una squallida immagine di morte.

Immagini che disperatamente grideranno i loro racconti, nell'inutile tentativo di farsi ascoltare