Metà giugno.
Questo è il fine settimana in cui Pompei ospita il suo bidonville.
I gazebo bianchi si susseguono uno accanto all'altro sul lato della piazza che fiancheggia il giardino, proprio di fronte all'edificio che ospita la sede del comune; il palazzo De Fusco.
Una miscellanea di oggetti, libri, stampe, cose vecchie e meno vecchie; antiche? Chissà! forse soltanto per chi vuol crederci.
Molte cianfrusaglie; forse sapendoci fare si potrebbero anche trovare delle buone occasioni pur se non saprei davvero dire di cosa.
Alcuni degli oggetti in mostra mi riportano a ricordi dell'infanzia; ma quelli che vedo è giusto che restino lì. Comprare qualcosa significherebbe, nel breve volgere di qualche tempo, far finire tutto al centro di raccolta del comune.
Mi piace girare tra i gazebo; girare e stare a guardare per curiosità.
Per trovarmi a scavare nella mia storia e scoprire qualcosa che mi riporti ad immagini vissute.
Camminare lentamente tra quegli oggetti è un po' come leggere il racconto di un'esperienza similare alla mia; somigliante, non certo la mia; ritrovare cose accantonate nella memoria simili a quelle che han vissuto con me.
Non quindi ritrovare i miei ricordi - e come potrebbero esserlo!? – ma aiutato da quelli degli altri riportare alla superficie i miei che sembravano dimenticati.
Che senso avrebbe comprare cose che mi sarebbero distanti, inermi, senza parole?
I collezionisti son gente strana che si diverte a raccogliere ricordi di altri; di tutti tranne che i propri.
Comprano e nascondono in casa cose fredde, inerti… senza anima per godere della loro esclusiva presenza, del loro possesso; della gioia di aver tolto quel possesso ad altri che altrettanto avrebbero fatto con piacere se avessero potuto giunger per primi.
Solo immagini senza vita di cui non riusciranno ad ascoltare le voci; ricordi che non potranno raccontare la loro storia ma solo riflettere una squallida immagine di morte.
Immagini che disperatamente grideranno i loro racconti, nell'inutile tentativo di farsi ascoltare
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