sabato 2 ottobre 2010

'E vicchiarielli.

Le loro fotografie sono suddivise su due distinti ripiani nello studiolo.
Due gruppi uno di fronte all'altro.
Come si conviene quando ci si riunisce in una stanza per fare conversazione.
Non però i signori da una parte con sigarette e liquori e le signore dall'altra a sorseggiare rosolio.
No. Tutti mischiati. Magari tra parenti, ma mischiati.
In verità tutti insieme non ci stavano, però messi così mi piace.
"'E vicchiarielli".
Il modo napoletano di esorcizzare.
Non si parte da molto lontano. I primi a far numero sono i genitori dei due nonni materni.
Seguono i nonni materni e paterni e, da quando tutto il gruppetto degli avi mi è stato affidato dalla mamma dopo che anche lei li ha raggiunti buona ultima tutti, anche i miei due genitori.
Mancano i due suoceri.
Ma di quelli fotografie incorniciate Anna non me ne ha affidate.
Non stanno mai soli perché nello studiolo trascorro un bel po' di tempo.
Lavoro e svago sono concentrati in quei dodici metri quadri.
A tutti nessuno escluso, sono affidate le sorti scolastiche dei due ragazzi che ci girano in casa.
La presenza di un lumino acceso per gruppo, consente loro di continuare a chiacchierare anche se è notte, e si sa che per chi ha passato il confine ogni occasione è buona per dar sfogo alle proprie lamentele, considerazioni, pensieri.
Importante per me è che la smettano di far caciara e si concentrino per bene quando per uno dei due virgulti si approssima un esame.
E credo davvero che ce la mettano tutta. Anche se ho avuto l'impressione che un paio di volte si siano distratti.
Forse chissà per pensare a che o a chi...
Per giustificarsi han detto che proprio non avrebbero potuto far di più. Che non è nei patti che si sostituiscano a chi deve far l'esame, e che se uno è tondo non può morir quadrato.
Questa frase mi ricorda qualcuno...
Sono andato via prima che iniziasse una sequela di motti, detti e frasi fatte.
La verità? Hanno fatto cilecca! Questo il parer mio.
Cose banali mai chieste.
Solo studio, problemi di lavoro, sicuramente un problema di salute.
Quest'ultimo mai per me.
E non lo dico per farmi bello. È perché io parto dal presupposto che io sono un osservato speciale d'ufficio.
Una specie di Obelix, quel fumetto che è caduto da piccolo nella pozione e non ne ha più bisogno.
Ecco, mi piace pensare così. 
 

domenica 26 settembre 2010

Ferragosto.

10.05

Sabato 14. Domani e' "Ferragosto".
In realtà il 15 si festeggia l'assunzione della Madonna. L'onomastico di tutte le femminucce che si chiamano Assunta.
Assunta e' uno dei pochi nomi che non possono cambiarsi dal femminile al maschile o dal maschile al femminile.
Un esempio e' Ciro che al femminile diventa Cira, oppure Annunziata che al maschile assume come nome ufficiale il suo diminutivo "Nunzio".
Devo dire bruttissime entrambe le versioni.
Ma si sa che ogni occasione e' buona per far festa, sopratutto se si riesce a unire il sacro - la festività dedicata alla Madonna - con il profano - una nuova ulteriore occasione di pappatoria.
Il cadere della festività il giorno 15, in pratica il di' mezzano del mese, ha fatto cogliere l'occasione per un ulteriore festeggiamento a scopo mangereccio.
Tutto questo non poteva non essere ovviamente che occasione di una opportunità per la istituzione di una ulteriore tradizione, alla quale la mia famiglia non ha mai esitato un solo istante ad aderire e a mantenere solida negli anni:
Cannelloni
Pollo alla griglia
Cocomero gigante!

Il 14 era il giorno della preparazione psicologica ma, sopratutto, del completamento dell'approvvigionamento delle materie prime finalizzate ad ottenere il risultato finale.

Gli obiettivi principali: le confezioni di sfoglia per cannelloni - venivano comprate appena possibile, alle volte anche appena arrivati! - la ricotta, l'approvvigionamento di una bombola del gas supplementare perchè si sa che le cose finiscono proprio quando servono!, l'individuazione della rosticceria dove andare a ritirare, all'orario stabilito, due polli alla griglia.

La cerimonia vera e propria aveva inizio al mattino del giorno fatidico: il 15 agosto.
La ricotta doveva essere asciutta, ma non quella di pecora, per cui seppure acquistata soltanto il giorno prima, si era provveduto a effettuarne preventiva prenotazione.

La bombola di gas supplementare era questione di serenità familiare.
Ovviamente dovunque si era stati in fitto, e dal 1973 in poi nella casetta di proprietà a Villammare, quello disponibile era il gas in bombole. Ancora oggi dove trascorriamo le vacanze estive il gas detto "di città" non esiste.
Anche se la bombola nuova fosse stata acquistata il giorno prima, il terrore che questa finisse nel bel mezzo della cottura della pietanza principale intorno alla quale si incentrava tutta l'attività preparatoria, faceva necessitare il rifornirsi di una bombola di scorta senza la quale non si sarebbe mai dato principio all'impresa.

Nessuna ansia per la carne macinata: quella fortunatamente non era motivo di preoccupazione.

Dunque la verifica che tutto fosse stato incamerato in maniera sufficiente:
bottiglie di passata, formaggio parmigiano grattugiato, aromi e accessori integrativi della preparazione vari, il numero sufficiente di scatole di cannelloni atti alla predisposizione di almeno due teglie piene, due buste giganti di patatine fritte, e per ultima ma non ultima, una anguria la più grande possibile per la quale non era possibile riuscire a trovare posto nel frigo se non per una sua piccola parte.


La preparazione aveva inizio alle prime ore del mattino dunque, con la supervisione attenta del papà che faceva attenzione che tutte le fasi avessero la loro regolare successione, e nessun passaggio fosse dimenticato.
Soprattutto nessun ingrediente fosse dimenticato di essere aggiunto al momento opportuno.
I momenti più delicati erano due:
il primo la cottura delle sfoglie che avrebbero composto ogni singolo cannellone;
il secondo la preparazione vera e propria, che imponeva il valutare con attenzione il quantitativo giusto di imbottitura.
Tutti gli ingredienti erano stati sapientemente amalgamati e verificati che avessero il giusto sapore e la corretta consistenza.

Un automatismo consolidato negli anni consentiva la chiusura di ciascuna sfoglia così da confermare la propria morbidezza unitamente alla consistenza giusta che ne evitava la rottura.
Dunque il posizionamento nella teglia in file alternate intervallate con generose cucchiaiate di salsa.

Le teglie, due ma spesso e volentieri anche tre, venivano rifinite in modo tale da proporre il primo strato ricoperto di salsa e parmigiano grattugiato a volontà.
I cannelloni dello strato superiore erano i più ricercati perché nel corso della cottura la copertura si era amalgamata in un leggero strato croccante.

Negli anni in cui era ancora signorina, l’aiuto veniva dato da Marinella – mia sorella – e solo successivamente al mio accasaggio da Anna che restava a eseguire gli “ordini” senza scendere in spiaggia.

Gli altri di noi invece, si risaliva in tempo utile per sedersi in tavola lavati, asciutti e vestiti in orario decente per dare inizio allo sbafamento!

La soddisfazione di mio papà era non tanto il superare i suoi due cannelloni canonici – difficile andasse oltre – quanto il vedere tutti noi altri partire già da subito con un bel tris da replicare appena ripulito il piatto!

Dopo Mirabello. Pensieri.

A coloro che di sinistra, sento commentare di voler appoggiare Fini, e che questi par dire più cose di sinistra di quante non ne dica la sinistra stessa, voglio ricordare, se mai lo avessero dimenticato, che Fini è pur sempre un fascista: delfino di Giorgio Almirante; il lupo cambia il pelo ma non il vizio, e come un fascista che si rispetti manifesta chiare e inconfutabili contraddizioni.
Sicuramente Fini ha un suo personale progetto, che non è tanto quello del bene del paese - perché se così fosse, a sentirlo parlare non avrebbe appoggiato e non lo farebbe tutt'ora, questo governo - quanto piuttosto il raggiungimento di un suo tornaconto personale.
Magari quello di salire al Quirinale come padrone di casa.l
Mi domando: se lui ritiene che Berlusconi abbia fino ad oggi fatto approvare molte leggi ad personam, e se lui ritiene ingiustificati i di lui continui attacchi alla magistratura, mi domando come possa poi essere dell'avviso che vada comunque approvato il lodo Alfano che garantisce l'impunità al presidente del consiglio.
Se quello che ha dichiarato a Mirabello corrisponde al suo pensiero, e se è vero che i giudici eseguono in maniera corretta il loro lavoro e senza pregiudizi - anche se  per dare come sua abitudine un colpo al cerchio e uno alla botte, fa un breve cenno alla presenza tra costoro di frange politicizzate -  vuol dire che in Berlusconi qualcosa di poco chiaro lo intravede.
Qualcosa di anomalo in quella persona ci deve pur essere.
E questo per non voler citare le cose delle quali ha accusato la Lega: di fare cioè gli interessi esclusivi dei suoi propri elettori piuttosto che dell'Italia intera, tenendo sotto scacco il governo. Anzi: il capo del governo in persona.
Lo ha accusato, di difendere le piccole parrocchiette a discapito del resto del paese.
Bossi chiede all'Italia intera di pagare di tasca propria, le multe e i danni derivanti dalle truffaldinerie commesse da quello che considera il suo "zoccolo duro".
Bella la sua filosofia: a pagare pagano tutti, a incassare incassa solo lui. Lui o la moglie.
Bel modo di interpretare il federalismo!
E tutto questo perché Berlusconi non può opporre alcuna resistenza alle pretese di una specie di movimento secessionista che si è inventato un territorio che si fa fatica a reperire sulla cartina geografica.
E se anche lui ammette che Berlusconi ad altro non ha pensato in questi anni - sopratutto in questo disgraziatissimo periodo storico - che a far approvare leggi che gli consentano di non essere giudicato e, quando possibile di risultare non perseguibile addirittura perché prescritti i reati commessi - che altrimenti se non fosse colpevole, che motivo ci sarebbe di queste leggi che nessuno prima di lui si è mai sognato di proporre e far approvare? - perché dunque decidere di appoggiare il lodo?
Forse che in fondo in fondo l'Italia meriti di essere governata da un presidente del consiglio che più che a Montecitorio dovrebbe stare in galera?
Ma se questo decreto viene approvato, risultando applicabile a chiunque, ci rendiamo conto che dopo Berlusconi chiunque abbia carichi pendenti, abbia commesso reati e sia deciso a perpetrarne di nuovi, potrebbe, con la legge elettorale attuale, farsi eleggere in parlamento, diventare presidente del consiglio e quindi governare l'Italia? 
Ma davvero si vuole consegnare l'Italia al malaffare organizzato?
Io posso capire il mantenere fede alle promesse e alle premesse; capisco la lealtà e la fedeltà, ma questa è una banale e stupida giustificazione per restare incollati alle sedie.
Sarebbe dunque giustificata una moglie che vedendo il marito commettere un reato, per quanto grave o meno che sia, e solo per avergli promesso fedeltà nel giorno del matrimonio chiude gli occhi e fa finta di niente?
Oppure non sarebbe questa la ragione per considerare proprio il marito colui che ha rotto tra i due il patto di fedeltà reciprocamente commesso?
Ecco: Fini più che ammirazione o sorpresa, mi mette paura.
Paura che si stia scivolando in un baratro senza fine perché ormai non c'è più nulla che in Italia riesca a contrastare la smania di potere e il diffondersi della delinquenza dei colletti Bianchi. 

Dunque se quello che Fini ci racconta corrisponde davvero a ciò che pensa, quello che lui e gli altri chiamano "Patto di fedeltà con gli elettori" per giustificare la fiducia che comunque intenderanno manifestare a questo governo del malaffare, è una vergognosa, banale subdola scusa.
Il "Patto di fedeltà con gli elettori" verrebbe piuttosto rafforzato proprio dal riconoscere che questo governo e le sue decisioni non vanno più appoggiati.
È il PDL e Berlusconi in primis, a dover essere accusato di aver per davvero rotto il "Patto di fedeltà" con gli elettori.
Il rapporto di lealtà è nei confronti di chi ha creduto che questo governo avrebbe lavorato per il bene del paese, dei cittadini.
Qui invece si fa solo il bene di Berlusconi e dei suoi sodali, e con la scusa che bisogna salvaguardare la governabilità di quest'ultimo, si consentono benefici urbis et orbis.

Il "Patto di fedeltà con gli elettori" verrebbe rispettato non dando più l'appoggio a questa gente che quel patto ha tradito.
Ma è evidente che Fini e i suoi mirano ad altro, e tanto in alto da sopportare tutto il fango che gli viene spiaccicato in faccia senza alcuna dignità.
No, continuare in questo modo e con questo governo, non è una dimostrazione di serietà da parte di Fini.
Sopratutto dopo il suo discorso di Mirabello. 
Si, Fini e i suoi mi fanno paura; hanno avuto la possibilità di evitare all'Italia quel tracollo al quale Berlusconi la sta preparando.
Fini avrà tradito non solo il "Patto di fedeltà con gli elettori", ma l'Italia tutta consegnandola nelle mani di gente senza scrupoli che lo schiaccerà relegandolo nel dimenticatoio.
Fini si sta lentamente suicidando.
 

mercoledì 22 settembre 2010

Un cittadino modello.

Che sono due "falchi" lo si capisce subito.
Primo: sono in due e senza casco sulla stessa moto 
Secondo: la moto è di grossa cilindrata. 600 cc.
Mettiamoci che terzo: quello dei due seduto dietro, non riesce a nascondere del tutto la paletta, ma questo è secondario.
Conferma solo l'impressione. 
Chiedono informazioni a due tipi fermi all'angolo della strada.
È fuor di dubbio che hanno perso chi stavamo inseguendo; questo aumenta la rabbia che gli traspare dalla voce e dagli occhi.
Quello seduto dietro è il più eccitato. 
Alla fine decidono di transitare per l'area pedonale.
È evidente che motivi di restare nascosti non ce ne sono più. Tanto vale....
A Napoli i "falchi" si riconoscono subito.
In particolare perchè non portano mai il casco.
Sono gli unici a non portare il casco senza timore di essere fermati passando davanti a vigili urbani e polizia.
Gli altri lo portano tutti, e camminano anche piano.
Per non rischiare.
A Napoli i falchi si riconoscono da lontano.
Vestiti con jeans sdruciti, hanno i capelli arruffati e la barba di qualche giorno prima.
Chi vedendo due tipi strani in moto per giunta senza casco, e  ha qualcosa da nascondere non ha dubbi: scappa via a gambe levate..
Ormai senza casco in giro ci sono rimasti solo loro.  
 
Nei telefilm invece è la prima cosa che indossano.
La televisione deve essere educativa.
Anche se non è realistica.
Sarebbe comunque meglio se lo indossassero il casco.
Non è che se c'è un incidente non succede niente perché sono "falchi".
  
Io sono uscito da Fnac, e ho appena raggiunto l'angolo della strada.
A me non chiedono niente.
Non avrei potuto notare niente, e questo era evidente.
Penso a quel che ho letto spesso sui giornali su come viene trattato chi è fermato da una pattuglia di una volante o di Falchi, e sono certo che non avrei avuto il coraggio di denunciare qualcuno.
Non parliamo di chi viene fermato da un vigile urbano.
A Napoli non ci si può fidare di nessuno.
Men che meno delle forze dell'ordine.
Ma forse non solo a Napoli.
Si, sono convinto che le tante fiction su polizia e carabinieri, sono tutte tese a far vedere un lato umano che è sempre più raro a trovarsi.
Tutta pubblicità.
Mi reputo fortunato nel non aver visto. 
Sono casualmente restato un "cittadino modello" mio malgrado.
 

mercoledì 1 settembre 2010

Quasi come figli adottivi, eppure invece...

Rocco l'ho conosciuto solo in fotografia.
Quello che colpisce di lui al primo sguardo, sono i due occhi "ammarrati"; l'occhio "ammarrato" è quello che si presenta con il contorno tutto nero, palpebra compresa ovviamente, e che spicca nel chiaro del viso.
Come quando si riceve un bel cazzotto che centra giusto-giusto l'orbita.
Rocco è come se avesse ricevuto due bei cazzottoni: uno per occhio.
Una simmetria sconcertante; così perfetta che si stenta a credere che non si tratti di un maquillage appositamente preparato.
Che è ancora piccolo si vede, ma già dallo sguardo si intuisce la scaltrezza di chi sa di doversi difendere per sopravvivere. 
Soprattutto se per casa circolano altri coinquilini di più provata esperienza e furbizia.
Poche le notizie che ho su di lui, ma fondamentali per azzardare tra me e me un paragone con Gennarino.
In genere queste comparazioni vengono fatte tenendo in buon conto che ciascun "genitore adottivo"  distintamente presenta il proprio, come il più furbo, il più invadente, il più intraprendente, il più chiassoso, il più disubbidiente ma anche quello che cerca nella maniera più ingenua possibile di farsi perdonare, cosciente di averle commesse, tutte le sue più spericolate marachelle. Sopratutto quando si tratta di rubare in tavola prima ancora che ci si sia seduti per il pranzo o la cena.
Diversamente che quando si parla di figli, chi possiede un cane cerca di esaltare del proprio tutte le possibili e inimmaginabili scelleratezze.
Come fosse un vanto.
Tanto addirittura creando invidia in chi, vergognandosi quasi della tranquillità del proprio "figlio" adottivo, fa il possibile per far recuperare al suo troppo tranquillo virgulto posizioni negative il più possibile, spesso non riuscendovi pur inventandone di belle e buone.
Difficile raggiungere chi è ormai lanciato alla grande in un elenco descrittivo del suo beniamino casalingo, corroborato sopratutto dalla presenza se non fisica almeno delle immagini a garanzia del palmares.
E per quanto si può intuire di Rocco, non c'è che dire: davvero le immagini parlano da sole.
Le premesse per restare sulla cresta dell'onda ci sono tutte! 
Considerando oltretutto che deve vedersela con dei furbissimi e scaltrissimi gatti... non ha scelta!
Cosa dire io di Gennarino che non sia stato già raccontato in giro? 
Niente in verità. Perché ormai dopo oltre nove anni di vita, come si dice in queste austere aree meridionali "Gennarino è carta conosciuta!"  

Il circo equestre libico e i nuovi colonizzatori.

La lega? I soliti cerchiobottisti, falsi e ipocriti. Maroni ha semplicemente firmato la condanna di chi cercando di fuggire da un paese in guerra e da una probabile morte, finisce col trovare una morte certa. Gheddafi è un terrorista, e questo è un dato di fatto. Per trattare anche transazioni commerciali con un terrorista sono necessarï passaggi diversificati; dapprima occorre risolvere le questioni di carattere politico, quindi se ci sono le premesse giuste possono essere considerate le opportunità commerciali che quegli accordi, fermi e ferrei fissati dalla politica permettono. E per far questo occorrono politi con le "palle", e non puttanieri e affaristi ad uso e consumo proprio. Berlusconi è un burattino, un pupo nelle mani di Gheddafi, Putin e degli altri terroristi dei quali si vanta di godere l'amicizia, e che rientrati a casa gli ridono senz'altro addosso. Ma può mai essere che uno come Gheddafi sia così accondiscendente? Ma lo spessore politico tra i due, possibile che non lo si veda? E quel Frattini poi! Ridicolo oltre ogni misura! Gheddafi ha semplicemente trovato il pollaio giusto, con il galletto pronto a fargli divorare tutte le galline. E quello dei miliardi in cambio dei non "spingimenti" ne è il primo esempio. Il resto verrà. Quando si renderà conto che il momento sarà finalmente propizio, ci darà il colpo di grazia. E la Lega, che sta cercando di dissolvere quello che in anni è stato il tentativo ancora non realizzato di fare dell'Italia uno stato unico favorendo ancor di più la mai risolta divisione anzi alimentandola a tutta forza, contribuirà nel presentare all'estero uno stato internamente diviso al primo che deciderà di aggregarci. Stiamo attenti ai facili entusiasmi qualunquistici. Queste persone andranno via. La vita se li porterà. Se abbiamo a cuore i nostri figli e i loro, di figli che verranno, ribelliamoci subito prima che sia troppo tardi!

martedì 31 agosto 2010

Diario delle vacanze. 1

Trenta Agosto 2010.
Ormai fine mese e prossima conclusione delle vacanze.
Oggi il mare è agitato.
Non molto a dire il vero, ma quanto basta per definirlo "spumeggiante".
Questo a un occhio poco accorto, non a uno come quello di mio papà, espertissimo a suo modo di mare e delle sue peculiari caratteristiche.
Allo sguardo di mio papà sarebbe sembrato sicuramente più pericoloso di quanto non sembrasse apparire.
Lui osservava il colore. Anzi, il susseguirsi delle differenti gradazioni di colore che lo differenziavano in più fasce nette e distinte, e poi comunicava il suo responso incontestabile.
Fate attenzione, avrebbe con voce allarmata avvertito, il mare è agitato sotto! si vede dal colore. Quando è così è molto pericoloso, perchè tende a risucchiare. Se proprio vi volete fare il bagno restate a riva e non vi allontanate. E non giocate con il pallone, e comunque se finisce in alto mare non cercate di recuperarlo!
Come sempre noi avremmo ubbidito seppure adulti, ridendo di cuore della sua continua e perenne preoccupazione.
Negli anni non gli avevamo mai dato motivo o ragione di preoccuparsi.
Gli anziani vanno ascoltati sempre, ci era stato insegnato.
Papà poi, andava ascoltato qualsiasi cosa avesse sentito bisogno di dirci.
Non parlava molto, e forse questo eravamo particolarmente attenti alle cose che ci diceva.
Con figli in aggiunta il suo avvertimento più che accorato era imperativo: Non fate fare il bagno ai bambini. Può essere pericoloso se si allontanano, e non fateli giocare con il pallone nemmeno sulla spiaggia.
Nemmeno lontanamente dunque, ci si sarebbe sognati di disobbedirgli.
Anche sapendo che non ci avrebbe visto, dato che sulla spiaggia non è mai sceso.
Eravamo comunque certi che sarebbe stato in tesione fino al nostro rientro dal mare, perché una volta tornati, il suo viso seppure senza che fosse accompagnato dalle parole, si rischiarava all'improvviso appena oltrepassato il cancelletto di ingresso esprimendo tutto quello che la voce non aveva pronunciato.
Era rimasto per tutto il tempo dal rientro dall'aver fatto la spesa fino al nostro arrivo, seduto fuori al balconcino leggendo il giornale ma con occhio vigile, con solo brevi fughe per obbedire agli ordini perentorï "suo generale" personale.
Generale che lo prendeva in giro, ma che non riusciva a distoglierlo dal suo compito principale: attendere il nostro arrivo per essere certo che il mare non ci avesse portato via.
I ragazzi sono arrivati!
E questo concludeva la sua personalissima mattinata nel corso della quale avveniva fino a che gli è stato possibile, la lettura del giornale anche la eventuale compilazione di un qualche cruciverba.
Oggi il mare è spumeggiante, e i colori che si susseguono mi confermano che sarebbe stata una delle giornate nelle quali essere vigili e all'erta.
Meglio non fare il bagno.
Non ho fatto il bagno. Nè noi ragazzi nè i bambini.
È vero anche che non ci sono più nè quei ragazzi nè quei bambini.
Troppo tempo trascorso e troppe cose cambiate.
Cambiate e anche scomparse.
No, non ho fatto il bagno.
Non ne avevo voglia.
Sono ritornato a casa sorridendo pensando che papà, per sapere che si era rientrati tutti sani e salvi non avrebbe dovuto attendere il cigolio del cancelletto che si apre.

venerdì 27 agosto 2010

Recuperi da un vecchio taccuino. 2

Un giorno di agosto del duemilaotto.
Ho parcheggiato l'auto in Via Caetani.
Di fronte all'edificio che ospita il "Liceo Ginnasio Pisacane".
Un vero edificio scolastico costruito per essere tale, e non una delle solite abitazioni adattate a scuola.
Sapri.
Estate 1969.
Quello che fu definito come anno dell'invasione di Praga da parte delle truppe sovietiche.
Al posto del liceo c'era un castagneto.
Mi sembrava immenso. Non era recintato.
Potevo entrarci e sedermi sotto quegli enormi alberi ricchi di foglie.
Eravamo, quell'anno, in casa affitto.
D'altronde come abitualmente accadde fino all'estate del 1971.
L'anno successivo, il 1972, papà comprò la casetta a "Le Ginestre" che fu pronta solo per le vacanze dell'agosto successivo.
Il 1972 si restò in città.
Una "villetta" con giardino, come la mamma aveva sempre desiderato avere, a soli tre chilometri di distanza.
Villammare.
Comune di Vibonati. Mai sentito prima.
Nè l'uno nè l'altro.
Fu dato fondo, per l'anticipo, a tutta la disponibilità liquida compresi i pochi soldini che alla sua morte la nonna Emma, la mamma di papà, aveva lasciato a noi due fratelli.
Trecentomila lire cadauno.
A quell'età e in quegli anni erano un vero tesoro!
Con la mia parte avevo pensato di comprare una auto usata, ma vi rinunciai volentieri.
Non ci fu imposto. Ci fu chiesta la nostra disponibilità e noi aderimmo di slancio.
Il resto fu saldato con un mutuo.
Alloggiammo, in quell'estate del millenovecentosessantanove, in un appartamento ancora non completato internamente e non rifinito dall'esterno.
La proprietà era della famiglia D'Amico.
Il figlio dell'anziano padrone di casa, la cui famiglia abitava in un altro quartino dello stesso palazzotto, aveva un bar trattoria pizzeria proprio sul lungomare.
Prima di concludere l'accordo per quell'estate, durante i mesi precedenti ci recammo lì due o tre volte trascorrendovi l'intera domenica.
Una volta arrivare a Sapri non era facile come ormai oggi.
Un buon tre ore di percorso una parte del quale composto di una strada in discesa distribuita tra curve e tornanti.
Solo superato il cartello che annunciava l'arrivo in località "Timpone" ci si poteva dire arrivati. Sbucando dall'ennesimo tornante si scorgeva finalmente il mare!
Queste nostre gite domenicali ci vedevano corredati, oltre che della ghiacciaia che consisteva in un grosso contenitore verde scuro dove venivano sistemate le bevande e il cibo che doveva mantenersi al fresco, anche di una specie di valigetta rigida che comprendeva ben sistemati al suo interno piatti, vassoi, termos per la pasta, contenitori, stoviglie, oliera-acetiera-saliera; completava l'armamentario il tavolino pieghevole che nascondeva al suo interno le quattro sedioline necessarie per sedersi e mangiare, appena la "tavola" fosse ben stata apparecchiata.
Alla fine di ogni mattinata trascorsa sulla spiaggia, era già tutto pronto per il pasto domenicale.
Occorreva soltanto "montare" la sala da pranzo all'aperto cercando uno spiazzo pianeggiante con la disponibilità un albero fronzoso sotto il quale sistemarsi.
Per noi ragazzi tutto questo era il frutto di una magia speciale e meravigliosa.
I nonni materni, hanno vissuto in casa con tutti noi e poi una volta messo famiglia noi nipoti con mamma e papà fino all'addio, vivevano queste "fughe" che ho scoperto solo più tardi essere necessarie, come un abbandono.
In particolare nonno Federico le criticava con il sarcasmo di cui era solito quando, per la sua timidezza cercava di trovare una maniera alternativa per manifestare il suo dispiacere nel restare da solo. Sopratutto di domenica.
Criticava queste iniziative con la frase "Anche oggi se ne vanno a fare il picchinicchi!"
Il castagneto dunque, non c'è più.
Al suo posto c'è l'edificio scolastico sede del Liceo Classico "Pisacane".
Mi ci andavo a rifugiare quell'estate, in quel castagneto.
Tutti i giorni del mese d'agosto.
Sotto gli alberi restando lì per tutto il pomeriggio, mentre in casa tutti dormivano il sonnellino del dopo pranzo.
Il castagneto non c'è più.
C'è rimasto però quel ragazzino di quattordici anni - l'ho rivisto scendendo dall'auto -senza altri amici che la sua bicicletta rosso fuoco con tutta la disperazione di quegli anni.
I quattordici anni del millenovecentosessantanove.
Un ragazzino che si guarda intorno e seduto a terra sotto un albero aspetta che arrivi la sera.
...e la sera alla fine, sta lentamente arrivando.....

Recuperi da un vecchio taccuino. 1

Il mare questo pomeriggio è un bel più che semplicemente "increspato".
A definirlo agitato non si ha timore di esagerare.
Non mancano, come sempre, i temerari.
Adulti, ragazzi, bambini: fendono con entusiasmo ingenuo e inconsapevole le onde che si infrangono sulla spiaggia, infilandosi nella bianca spuma dirompente di acqua.
Seduto su di un sasso osservo il mare; sento il vento infilarsi tra le pagine del taccuino; ascolto l'incomprensibile accavallarsi di voci.
Penso a quei fortunosi e forse troppo spesso sfortunati salvataggi di chi nel trarre in salvo sconsiderati bagnanti ci ha rimesso la vita.
Non mi reputo così idiota come quelli che continuano a infilarsi nell'acqua tra le onde sempre più invadenti.
Se decideste di non ritornare più a galla, non abbiate timore.
Sono qui proprio per raccontare in giro come è successo.
La vostra imbecillità non resterà nascosta.

Piccole pillole quotidiane….

Chi non conosce la verità è uno sciocco.
Ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente.

Bertold Brecht


Nel paese della bugia, la verità è una malattia.

Gianni Rodari

Ci pisciano addosso e ci dicono che sta piovendo

Detto catalano

In tempi di menzogna universale, dire la verità diventa un atto rivoluzionario.

George Orwell

C'è un solo modo per vedere realizzati i propri sogni: svegliarsi.

Paul Valéry

domenica 8 agosto 2010

Il basilico.

"Trattoria pizzeria D'Amico."
Il figlio del proprietario dell'appartamento che papà aveva affittato per il mese d'agosto ne era il proprietario, il gestore e il pizzaiolo.
Noi ragazzi non si partecipava alle riunioni preliminari.
Il dove saremmo andati in vacanza lo avremmo saputo solo in un secondo momento.
Il 1968 fu a Sapri.
Una volta stabilito il luogo, funzionava che ci si metteva in macchina, si raggiungeva il posto stabilito, e una volta arrivati si partiva alla ricerca del "sensale". Colui o colei cioè, che avrebbero messo l'aspirante villeggiante in contatto con il padrone del quartino.
Gli hotel erano cose per ricchi e forse per famiglie senza figli, o per chi durante la vacanza viaggiava oppure aveva pochi giorni di ferie. Noi si aveva uno spirito stanziale, andavamo in vacanza per tutto il mese, eravamo in quattro e noi due, seppure ragazzi ormai troppo grandi per usufruire delle riduzioni che praticavano pensioni e hotel per i bambini.
Già da qualche anno ormai, si trascorreva il mese di agosto in casa affitto dando l'idea, al momento della partenza, di starai a preparare per un trasloco.
La speranza di ogni affittuario era che il quartino rimanesse sfitto per il mese di luglio, così che si potesse anticipare l'arrivo qualche giorno prima. In subordine che l'inquilino precedente andasse via almeno al 30 del mese per evitare il traffico dell'ultimo giorno.
Speranza sistematicamente disillusa, ma nella quale si credeva fortemente fino all'ultimo. Alla fine si partiva il 31 con la ferma convinzione di aver comunque guadagnato un giorno.
Dunque il 1968.
Sapri.
L'anno dell'invasione di Praga.
Agosto 1968: il mese e l'anno dell'invasione di Praga, per essere precisi.
Papà si era regalato da qualche tempo una radio portatile che teneva gelosamente sul comodino per accenderla appena sveglio; era il suo primo e unico bagaglio che preparava, insieme alla scorta di pile di ricambio. Le portava anche se le aveva cambiate da poco. Aveva la radio con sè anche quel giorno - aveva una particolare passione per la musica e le canzoni tanto da spingerlo a portarla sulla spiaggia - e la notizia ci raggiunse mentre si era sotto l'ombrellone. Non so se fu per la notizia o per quale altro motivo, la radio finì in un secchio pieno di acqua di mare. Alla iniziale disperazione fece seguito la consolazione che l'incidente non aveva pregiudicato nessuna delle sue funzionalità.
Quell'estate la trascorremmo dunque in un appartamentino in fitto. Un "quartino" all'interno di un edificio non ancora completato e tutto di dei D'Amico. I soldi del fitto occorrevano al proprietario per terminare i lavori. Anche quelli di papà finirono dunque per contribuire al completamento dell'opera. Il 968 fu l'unico anno in cui andammo in villeggiatura a Sapri prima che diventasse, cinque anni dopo, il nostro luogo di vacanza definitivo; in quell'anno, complice il luogo, la possibilità di acquisto facilitata da uno sviluppo turistico ancora in fasce, dalla morte della nonna paterna poco tempo dopo che consentì una breve ma necessaria disponibilità economica, si determinò la scelta definitiva delle nostre estati a partire dal 1973 in poi. L'anno prima infatti, e il 1972 fu l'unico nella storia della nostra famiglia, non si andò in vacanza perché papà aveva investito tutta la sua disponibilità economica - e noi due ragazzi dunque partecipammo con la piccola cifra che ci era stata destinata dalla nonna Emma, trecentomila lire ciascuno, che ci aveva lasciato poco tempo prima - nell'anticipo per l'acquisto di una minivilletta in un villaggio di case estive nella frazione marina del comune che precedeva Sapri di soli tre chilometri. Villammare. Fu la casa delle nostre vacanze.
In quel periodo le "passeggiate", come venivano definite, a Sapri furono diverse fino alla conclusione della trattativa. In quelle occasioni ci si fermava a mangiare da D'Amico. La trattoria pizzeria che ci permetteva di utilizzare un suo tavolo sul quale consumavamo quello che la mamma aveva preparato e infilato nella valigia "Jostyle" complice di tante scampagnate precedenti. Compravamo solo le bibite: acqua, Coca-Cola e birra rigorosamente Peroni. A volte la pizza? Questo non lo ricordo. Di certo quello che ricordo è che la pizza che D'Amico preparava personalmente, mancava del basilico. Cosa questa, che per un napoletano equivale a rendere banale la pur migliore pizza del mondo. Il basilico fuori stagione, ci venne raccontato, era impossibile da trovarsi a Sapri.
La mamma non si lasciò sfuggire l'occasione per manifestare la nostra e la sua personale gratitudine per l'ospitalità che in nome della vecchia conoscenza avuta nel corso dell'estate del '68 ricevemmo, e decise che gli avremmo portato ottime piantagioni di basilico napoletano nel corso di tutte le passeggiate che ancora sarebbero seguite nel tempo.

Lascio scorrere la persiana del balcone lentamente prima di chiudere la casa e lentamente scompare al mio sguardo la piantina che al rientro dalle vacanze, sono in partenza per Villammare e sono ormai trascorsi trentasette anni da quella promessa solo in parte mantenuta, troveremo disseccata. Le foglie migliori e più ricche le ha staccate Anna per surgelarle. Far seccare così, abbandonando al suo destino quel verde saporoso sarebbe un delitto. La Trattoria Pizzeria D'Amico non esiste più. Forse i nipoti di quello che fu il nostro "padrone di casa" oggi fanno altro. Forse hanno cambiato paese. Non saprei dire nè in verità mi preme saperlo.
Mancano ormai tante cose dopo trentasette anni, che raccontarle tutte diventa impossibile. Tante, tantissime forse troppe sono anche le cose che sono cambiate. Una sicuramente.
Oggi, anche fuori stagione, il basilico a Sapri troneggia festosamente sulla pizza e non c'è più bisogno che qualcuno lo porti appositamente da Napoli.

L’anniversario

Quello importante, come in una qualsiasi "vigilia"che si rispetti, era il precedente; il tre luglio; il giorno in cui tutto aveva avuto inizio.
Quello della preparazione.
Preparazione intesa in senso generico come in una vera e propria anteprima di quello che sarebbe stato il giorno del silenzioso ripetersi del fatidico "si!", fino al raggiungimento del "venticinquesimo", non c'è mai stata una seppur breve cerimonia in chiesa.
Quando il 4 luglio capitava in uno dei cinque giorni della settimana diversamente che di sabato o di domenica, era già sicuro che papà sarebbe rientrato dal lavoro nel corso del primo pomeriggio.
Vederlo rientrare a casa prima che fosse già buio, o comunque già tramontato il sole, per noi ragazzi era di per sè già una festa.
La mamma avrebbe avuto come sempre un bel da fare per preparare lei, noi e sopratutto decidere cosa avrebbe dovuto indossare lo "sposo" per la serata fatidica.
Serata che consisteva nell'unica volta all'anno in cui si andava a mangiare al ristorante.
Occasione questa, che noi due non ci saremmo persi per niente al mondo.
Sapevamo che per papà era un momento di grande festa, e da come io ricordi, fino a quando gli è stato possibile ha fatto di tutto perché quel giorno rimanesse tale; non vi ha rinunciato neanche nei momenti più difficili che ha attraversato la nostra famiglia.
Difficili dal punto di vista economico, intendo dire.
Poi da un bel momento questa tradizione ebbe termine, anche se non saprei dire perché.
Forse non fu un vero e proprio terminare quanto una specie di cambio.
Dopo aver comprato la casetta di Villammare, fu spostata lì la sede dei festeggiamenti. Mai più però andando a mangiare fuori, fino al cinquantesimo.
Nel periodo napoletano il ristorante fu sempre lo stesso.
Non sarebbe potuto essere diversamente visto il forte senso della tradizione esistente in famiglia.
A Bacoli; non ne ricordo il nome.
Si cenava all'aperto, sotto un enorme tendone che ricopriva tutti i tavoli.
Nel corso dei primi anni e nel periodo in cui iniziammo a far parte della cerimonia, la mamma ancora non aveva deciso che al papà facesse male stare fuori di sera, sopratutto per mangiare.
Il tempo della "reclusione" sarebbe arrivato dopo.
Un'altra tradizione fissa era quello che si sarebbe mangiato.
Oggi non ricordo proprio tutto, ma due sono le cose di cui sono sicuro.
L'"impepata" di cozze, che era appannaggio soltanto della mamma.
Nessun altro avrebbe "dovuto" mangiarne.
Sua convinzione era che le cozze a chi di noi avesse anche solo sfiorato l'idea di mangiarne una, avrebbero provocato malattie terribili e mortali.
Lei invece poteva a volontà perché ne era totalmente immune.
Una convinzione anche questa? Mah! Sicuramente un inganno. Aveva paura che ci facessero male, e s'inventò questa strana storia. In verità succedeva spesso che mangiasse cose impossibili a immaginarsi per noi a quell'epoca, senza subirne alcuna conseguenza. Il che per quel che potevano capirne noi, era senz'altro vero.
Cioè non aveva mai conseguenze da quello che mangiava.

Dunque di una delle due pietanze ho detto, l'altra era il "pollo alla diavola".
Per tutti gli anni in cui è stata rispettata questa tradizione della cena dell'anniversario dunque, non si è mai derogato da questi tre sani principi: ristorante a Bacoli sempre lo stesso; impepata di cozze, pollo alla diavola. Non ricordo se e chi prendesse anche il primo. Forse spaghetti alle vongole e per noi due ragazzi la pizza, ma di questo ne ho un ricordo un pò sbiadito.
Acqua di fontana, Coca Cola per noi e la birra rigidamente Peroni per loro adulti.
Durante il viaggio di andata e quello del ritorno poi, era un susseguirsi di scene e immagini del fatidico giorno di quell'anno addietro, raccontate con un entusiasmo che la riportava indietro nel tempo;  quello in cui si scambiarono il loro si.
Fino a quando questa tradizione è stata mantenuta, oltre a un breve cenno di trucco era solita indossare anche alcuni dei suoi gioielli, tra i quali non mancava mai "l'anello di fidanzamento".
Quell'anello è sempre stato per lei un punto fermo. La pietra miliare della sua vita quasi più che la stessa fede nuziale.
Da un bel giorno in poi tutto rimase conservato nel cassetto.
Si, perché quella della mamma fu una vita di voti. Tutti dedicati al papà perché era su di lui solo che si poggiava la nostra sopravvivenza, ed anche una semplice influenza avrebbe potuto causarci problemi.
Poi un bel giorno tutto finì conservato in banca. La scusa fu la paura dei ladri, ma forse la verità era nel non sopportare la vista di quegli oggetti preziosi ai quali aveva rinunciato per sempre.

domenica 6 giugno 2010

Il momento non poteva essere più propizio.

Il momento non poteva essere più propizio.

Ora ci imbottiranno la testa di pallone. Alla radio hanno già cominciato.

Alcune televisioni private anche.

La RAI a breve.

Tra qualche giorno si comincia, e non ci sarà più bisogno d'altro per riempire le pagine dei giornali e le cronache dei notiziari.

Spariranno la crisi, la manovra economica, la legge bavaglio.

I tagli alla scuola, alle forze di polizia, alla magistratura, all'università; il precariato, i licenziamenti, la cassa integrazione.

Tutto questo sarà sostituito dalle infinite, solite, banali, inutili, stupide dissertazioni su partite, giocatori, schemi di gioco, allenatori e chi più ne ha più ne metta.

Come sempre i giornali sportivi vedranno incrementare le loro venditre in maniera esorbitante.

Per questo governo sarà com avere a disposizione uno Scudo fiscale delle leggi.

Nessuno si accorgerà di niente di quello che verrà approvato sotto silenzio e senza colpo ferire.

Il "Calcio" in Italia è una specie di vasellina di popolo.

Tutti pronti ad accettare qualsiasi cosa per una vittoria!

La "gente normale" non avrà più niente da seguire né in TV né in Radio. Fortunatamente la "gente normale" è abituata già da tempo a seguire poco le trasmissioni televisive; smettere del tutto non sarà poi così difficile; la "gente normale" è abituata a trascorrere le serate tra amici a parlare di cose meno idiote che non il calcio; ad andare al cinema o a leggere.

Radio e televisione saranno preda della malattia preda dell'italiano: il Calcio.

Non quello medio. Dire medio soprattutto in questo periodo sarebbe riduttivo: in queste occasioni l'"italiano medio" viene sostituito dall'"italiano di massa".

Idiota come al solito sì, ma durante il periodo dei mondiali particolarmente esagerato.

Sono già terminati gli unici programmi che fornivano una informazione. Abbastanza violentata, ma non troppo; già senza i mondiali saremmo stati preda di una forma di disinformazione generalizzata; ora la "cricca" ha davvero campo libero per muoversi e agire come meglio crede.

Una specie di Banda Bassotti alle prese con la più fortunata delle situazioni: porte e finestre della casa aperte mentre gli abitanti sono in vacanza.

Da una parte elogerà le avventure della nazionale e dall'altra ad agire nel minor breve tempo possibile.

Nella capacità di questa squadra di andare avanti nel torneo infatti, non ci crede nessuno.

E non voglia mai il cielo la squadra in maglia azzurra passi il primo turno o addirittura il secondo!

Sarebbe davvero la fine.