venerdì 27 agosto 2010

Recuperi da un vecchio taccuino. 2

Un giorno di agosto del duemilaotto.
Ho parcheggiato l'auto in Via Caetani.
Di fronte all'edificio che ospita il "Liceo Ginnasio Pisacane".
Un vero edificio scolastico costruito per essere tale, e non una delle solite abitazioni adattate a scuola.
Sapri.
Estate 1969.
Quello che fu definito come anno dell'invasione di Praga da parte delle truppe sovietiche.
Al posto del liceo c'era un castagneto.
Mi sembrava immenso. Non era recintato.
Potevo entrarci e sedermi sotto quegli enormi alberi ricchi di foglie.
Eravamo, quell'anno, in casa affitto.
D'altronde come abitualmente accadde fino all'estate del 1971.
L'anno successivo, il 1972, papà comprò la casetta a "Le Ginestre" che fu pronta solo per le vacanze dell'agosto successivo.
Il 1972 si restò in città.
Una "villetta" con giardino, come la mamma aveva sempre desiderato avere, a soli tre chilometri di distanza.
Villammare.
Comune di Vibonati. Mai sentito prima.
Nè l'uno nè l'altro.
Fu dato fondo, per l'anticipo, a tutta la disponibilità liquida compresi i pochi soldini che alla sua morte la nonna Emma, la mamma di papà, aveva lasciato a noi due fratelli.
Trecentomila lire cadauno.
A quell'età e in quegli anni erano un vero tesoro!
Con la mia parte avevo pensato di comprare una auto usata, ma vi rinunciai volentieri.
Non ci fu imposto. Ci fu chiesta la nostra disponibilità e noi aderimmo di slancio.
Il resto fu saldato con un mutuo.
Alloggiammo, in quell'estate del millenovecentosessantanove, in un appartamento ancora non completato internamente e non rifinito dall'esterno.
La proprietà era della famiglia D'Amico.
Il figlio dell'anziano padrone di casa, la cui famiglia abitava in un altro quartino dello stesso palazzotto, aveva un bar trattoria pizzeria proprio sul lungomare.
Prima di concludere l'accordo per quell'estate, durante i mesi precedenti ci recammo lì due o tre volte trascorrendovi l'intera domenica.
Una volta arrivare a Sapri non era facile come ormai oggi.
Un buon tre ore di percorso una parte del quale composto di una strada in discesa distribuita tra curve e tornanti.
Solo superato il cartello che annunciava l'arrivo in località "Timpone" ci si poteva dire arrivati. Sbucando dall'ennesimo tornante si scorgeva finalmente il mare!
Queste nostre gite domenicali ci vedevano corredati, oltre che della ghiacciaia che consisteva in un grosso contenitore verde scuro dove venivano sistemate le bevande e il cibo che doveva mantenersi al fresco, anche di una specie di valigetta rigida che comprendeva ben sistemati al suo interno piatti, vassoi, termos per la pasta, contenitori, stoviglie, oliera-acetiera-saliera; completava l'armamentario il tavolino pieghevole che nascondeva al suo interno le quattro sedioline necessarie per sedersi e mangiare, appena la "tavola" fosse ben stata apparecchiata.
Alla fine di ogni mattinata trascorsa sulla spiaggia, era già tutto pronto per il pasto domenicale.
Occorreva soltanto "montare" la sala da pranzo all'aperto cercando uno spiazzo pianeggiante con la disponibilità un albero fronzoso sotto il quale sistemarsi.
Per noi ragazzi tutto questo era il frutto di una magia speciale e meravigliosa.
I nonni materni, hanno vissuto in casa con tutti noi e poi una volta messo famiglia noi nipoti con mamma e papà fino all'addio, vivevano queste "fughe" che ho scoperto solo più tardi essere necessarie, come un abbandono.
In particolare nonno Federico le criticava con il sarcasmo di cui era solito quando, per la sua timidezza cercava di trovare una maniera alternativa per manifestare il suo dispiacere nel restare da solo. Sopratutto di domenica.
Criticava queste iniziative con la frase "Anche oggi se ne vanno a fare il picchinicchi!"
Il castagneto dunque, non c'è più.
Al suo posto c'è l'edificio scolastico sede del Liceo Classico "Pisacane".
Mi ci andavo a rifugiare quell'estate, in quel castagneto.
Tutti i giorni del mese d'agosto.
Sotto gli alberi restando lì per tutto il pomeriggio, mentre in casa tutti dormivano il sonnellino del dopo pranzo.
Il castagneto non c'è più.
C'è rimasto però quel ragazzino di quattordici anni - l'ho rivisto scendendo dall'auto -senza altri amici che la sua bicicletta rosso fuoco con tutta la disperazione di quegli anni.
I quattordici anni del millenovecentosessantanove.
Un ragazzino che si guarda intorno e seduto a terra sotto un albero aspetta che arrivi la sera.
...e la sera alla fine, sta lentamente arrivando.....

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