domenica 8 agosto 2010

L’anniversario

Quello importante, come in una qualsiasi "vigilia"che si rispetti, era il precedente; il tre luglio; il giorno in cui tutto aveva avuto inizio.
Quello della preparazione.
Preparazione intesa in senso generico come in una vera e propria anteprima di quello che sarebbe stato il giorno del silenzioso ripetersi del fatidico "si!", fino al raggiungimento del "venticinquesimo", non c'è mai stata una seppur breve cerimonia in chiesa.
Quando il 4 luglio capitava in uno dei cinque giorni della settimana diversamente che di sabato o di domenica, era già sicuro che papà sarebbe rientrato dal lavoro nel corso del primo pomeriggio.
Vederlo rientrare a casa prima che fosse già buio, o comunque già tramontato il sole, per noi ragazzi era di per sè già una festa.
La mamma avrebbe avuto come sempre un bel da fare per preparare lei, noi e sopratutto decidere cosa avrebbe dovuto indossare lo "sposo" per la serata fatidica.
Serata che consisteva nell'unica volta all'anno in cui si andava a mangiare al ristorante.
Occasione questa, che noi due non ci saremmo persi per niente al mondo.
Sapevamo che per papà era un momento di grande festa, e da come io ricordi, fino a quando gli è stato possibile ha fatto di tutto perché quel giorno rimanesse tale; non vi ha rinunciato neanche nei momenti più difficili che ha attraversato la nostra famiglia.
Difficili dal punto di vista economico, intendo dire.
Poi da un bel momento questa tradizione ebbe termine, anche se non saprei dire perché.
Forse non fu un vero e proprio terminare quanto una specie di cambio.
Dopo aver comprato la casetta di Villammare, fu spostata lì la sede dei festeggiamenti. Mai più però andando a mangiare fuori, fino al cinquantesimo.
Nel periodo napoletano il ristorante fu sempre lo stesso.
Non sarebbe potuto essere diversamente visto il forte senso della tradizione esistente in famiglia.
A Bacoli; non ne ricordo il nome.
Si cenava all'aperto, sotto un enorme tendone che ricopriva tutti i tavoli.
Nel corso dei primi anni e nel periodo in cui iniziammo a far parte della cerimonia, la mamma ancora non aveva deciso che al papà facesse male stare fuori di sera, sopratutto per mangiare.
Il tempo della "reclusione" sarebbe arrivato dopo.
Un'altra tradizione fissa era quello che si sarebbe mangiato.
Oggi non ricordo proprio tutto, ma due sono le cose di cui sono sicuro.
L'"impepata" di cozze, che era appannaggio soltanto della mamma.
Nessun altro avrebbe "dovuto" mangiarne.
Sua convinzione era che le cozze a chi di noi avesse anche solo sfiorato l'idea di mangiarne una, avrebbero provocato malattie terribili e mortali.
Lei invece poteva a volontà perché ne era totalmente immune.
Una convinzione anche questa? Mah! Sicuramente un inganno. Aveva paura che ci facessero male, e s'inventò questa strana storia. In verità succedeva spesso che mangiasse cose impossibili a immaginarsi per noi a quell'epoca, senza subirne alcuna conseguenza. Il che per quel che potevano capirne noi, era senz'altro vero.
Cioè non aveva mai conseguenze da quello che mangiava.

Dunque di una delle due pietanze ho detto, l'altra era il "pollo alla diavola".
Per tutti gli anni in cui è stata rispettata questa tradizione della cena dell'anniversario dunque, non si è mai derogato da questi tre sani principi: ristorante a Bacoli sempre lo stesso; impepata di cozze, pollo alla diavola. Non ricordo se e chi prendesse anche il primo. Forse spaghetti alle vongole e per noi due ragazzi la pizza, ma di questo ne ho un ricordo un pò sbiadito.
Acqua di fontana, Coca Cola per noi e la birra rigidamente Peroni per loro adulti.
Durante il viaggio di andata e quello del ritorno poi, era un susseguirsi di scene e immagini del fatidico giorno di quell'anno addietro, raccontate con un entusiasmo che la riportava indietro nel tempo;  quello in cui si scambiarono il loro si.
Fino a quando questa tradizione è stata mantenuta, oltre a un breve cenno di trucco era solita indossare anche alcuni dei suoi gioielli, tra i quali non mancava mai "l'anello di fidanzamento".
Quell'anello è sempre stato per lei un punto fermo. La pietra miliare della sua vita quasi più che la stessa fede nuziale.
Da un bel giorno in poi tutto rimase conservato nel cassetto.
Si, perché quella della mamma fu una vita di voti. Tutti dedicati al papà perché era su di lui solo che si poggiava la nostra sopravvivenza, ed anche una semplice influenza avrebbe potuto causarci problemi.
Poi un bel giorno tutto finì conservato in banca. La scusa fu la paura dei ladri, ma forse la verità era nel non sopportare la vista di quegli oggetti preziosi ai quali aveva rinunciato per sempre.

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