giovedì 4 dicembre 2014

Quei piccoli eroi di Gaeta di Roberto Maria Selvaggi. Per conoscere come e da dove sia nata l'Italia.

Mia intenzione è di diffondere nel mio piccolo, ma sopratutto dar sfogo al senso di repulsione che provo personalmente nei confronti di uno stato che non riconosco come patria, la storia che è stata volontariamente per decenni tenuta nascosta per far convincere chi appartiene almeno seppur solo ideologicamente a questa terra, di essere stato liberato e salvato dalla tirannia e dal malgoverno di una delle dinastie che avevano invece creato dalle ceneri delle invasioni e delle gestioni autarchiche che fino al 1734 ne avevano fatto strage, uno dei più gloriosi e avanzati economicamente e industrialmente stati dell'Europa contemporanea.
Uno dei tre maggiori stati europei con Francia e Inghilterra.
In molti casi il primo in assoluto dell'Europa continentale.

Per far capire le atrocità commesse dai soldati del "re galantuomo" che di galantuomo non aveva nulla come i suoi ascendenti e discendenti, ancora oggi rinnegate dai libri di storia che girano nelle scuole di ogni ordine e grado.
Di un re, di una dinastia, di un governo che ha avvallato la distruzione e i massacri di interi paesi e popolazioni per annientarne financo la memoria, e questo mentre il resto dell'Europa inorridiva di quanto stava accadendo pur restando inerme suo malgrado.

Di una dinastia, quella dei Savoia, che ha saputo soltanto distruggere senza nulla costruire.
Chi è succeduto via-via nella storia a quei governi e a quei personaggi che la storia ancora oggi indebitamente osanna, altro non ha fatto che mettere a frutto gli insegnamenti ricevuti perpetrando nello scempio di una inadeguata gestione gestione dello stato manifestando incapacità e ignoranza.



Quei piccoli eroi di Gaeta  di Roberto Maria Selvaggi. 


Fonte:
“Il SUD Quotidiano” del 8/2/97


Pagina ripresa da "Eleaml.org" - http://www.eleaml.org/ 







Il 7 settembre 1860 alla Nunziatella regnava una grande agitazione: la notizia che il Re aveva raggiunto Gaeta e che l’esercito avrebbe tentato un’ultima difesa sulla linea del Volturno, nonostante i silenzi di molti ufficiali ed istruttori, era trapelata. Alcuni dei ragazzi decisero di fuggire dal collegio per raggiungere il loro Re e per poter partecipare all’ultima difesa.
I loro nomi non possono essere dimenticati, perché rappresentano sentimenti e valori che non hanno confini: il loro esempio sarebbe stato di grande aiuto al popolo meridionale, molto più che il ricordo di Garibaldi e di Cavour. Noi non possiamo ricordare come eroi positivi solo quelli che, venuti da fuori, ci avrebbero “liberato”.
Furono invece cancellati dalla storia.
I due fratelli Antonio ed Eduardo Rossi, 17 e 14 anni, erano figli di un ufficiale morto nella campagna di Sicilia del 1848. Un giornalista francese presente a Gaeta durante l’assedio li ricorda così: “Ho incontrato stasera su una batteria un sottotenente di 15 o 16 anni che serviva ai pezzi con due soli uomini per quattro cannoni, caricando, puntando e tirando con rabbia. Questo bravo ragazzo si chiama Rossi ed ha un fratello che, come lui, si è distinto durante l’assedio”. Eliezer Nicoletti, 17 anni, figlio del maggiore di fanteria che sbaragliò i garibaldini di Pilade Bronzetti alla battaglia del Volturn o, Ludovico Manzi, 17 anni, Ferdinando de Liguoro, figlio del colonnello comandante il 9° Puglia, reggimento da lui condotto da Capua a Napoli con i garibaldini ormai padroni della città. Dopo la resa fu come gli altri vessato e maltrattato.

 Non riconosciuti a questi ragazzi nemmeno i gradi acquisiti sotto il loro legittimo Re.
De Liguoro emigrò in Austria, dove fu ammesso nell’esercito e combatté anche a Custoza contro i piemontesi nel 1866. Alfonso Scotti Douglas, 11 anni, il più giovane di questi ragazzi, figlio del generale di origine parmense Luigi, fu adibito ai lavori del genio nella piazza di Capua.
Carmine Ribas, 18 anni, che raggiunse l’anziano padre di stanza a Gaeta, fu anch’egli adibito ai lavori del genio nella piazza di Capua.
Francesco e Felice Afan de Riviera, 17 e 16 anni, figli del generale Gaetano, raggiunsero i fratelli maggiori che combattevano a Capua. Anch’essi dopo Gaeta emigrarono in Austria e Felice abbracciò in seguito la vita religiosa entrando in convento a Napoli, dove morì nel 1924.
Francesco Pons de Leon, 18 anni, raggiunse il padre, maggiore in servizio nella piazza di Gaeta e operò lui pure come semplice servente ai pezzi di una batteria.

Ferdinando Ruiz, 17 anni, nipote del generale Vial, fra mille peripezie riuscì ad arrivare a Gaeta solo nel gennaio 1861. Ferdinando e Manfredi Lanza, 17 e 16 anni, figli di un ufficiale del genio, si comportarono da piccoli eroi a Gaeta e Ferdinando, l’ultimo giorno d’assedio, fu colpito da una granata che gli troncò di netto un piede.
Infine Carlo Giordano, 17 anni, orfano da pochi mesi del padre, generale napoletano. Fuggì dalla Nunziatella il 10 ottobre, dopo i suoi compagni.
Durante l’assedio servì alla batteria Malpasso con abnegazione e coraggio, supplendo all’inesperienza con la forza della sua giovane età e con l’entusiasmo di chi difende la propria Patria da una vile aggressione.
L’11 febbraio 1861 iniziarono le trattative di resa della piazza di Gaeta. Il generale Cialdini preferì non interrompere il bombardamento, anzi lo intensificò perché, come scrisse a Cavour, naturalmente in francese, “le bombe fanno ragionare male e diminuiscono le condizioni richieste”.

Poche ore prima della firma della capitolazione, il 13 febbraio 1861, scoppiò con un tremendo boato il deposito di munizioni della batteria Transilvania, che travolse uomini e cose e distrusse la batteria servita da Carlo Giordano. Fu l’ultima vittima di una inutile ferocia e di una assurda guerra civile.
I suoi resti non furono mai trovati, ma il suo ricordo deve rimanere nei cuori dei meridionali perché il suo sacrificio non sia dimenticato.


Da nessuna parte, né a Gaeta né altrove esiste una lapide che ricordi questo ragazzo che, a torto o a ragione, considerò il Regno delle Due Sicilie la sua Patria.






Testo ripreso da "Eleaml" con inserito il Link diretto al testo, e a supporto di quanto da me testualmente ripreso e in buona fede riportato inserisco quanto dichiarato in merito:  
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