venerdì 5 dicembre 2014

Nicola Zitara. Scrivo a proposito di: L'invenzione del mezzogiorno. Una storia finanziaria. E riporto quanto proposto su Onda del Sud.


Scopro Nicola Zitara continuando a indagare sul Web alfine di conoscere e capire meglio il perché della storia che il Meridione sta vivendo dal 1861 a oggi.

Una costante e lenta involuzione voluta e perpetrata da una politica e da uomini che non sapendo governare e gestire il proprio territorio, hanno agito con malafede e pura cattiveria pensando così di poter porre rimedio ai danni economici e sociali causati.
Inventandosi di sana pianta la necessità di una unificazione nazionale di cui lo stato aggredito e colonizzato non aveva alcun bisogno.
Lasciando credere di essere i salvatori di un popolo, di una "liberazione" di uno stato da una tirannia borbonica inesistente e del tutto inventata. 
Nicola Zitara. Fonte Onda del Sud.
Cavour e compagni hanno operato come farebbe chi per riempire nuovamente d'acqua un secchio rotto, si sufficiente farsi dare altra l'acqua dai vicini.
Il secchio resterà rotto e l'acqua continuerà a disperdersi; i vicini resteranno senza acqua.

Facile poi dire di loro: come sono sporchi! Non si lavano mai!

Nicola Zitara è nato a Siderno nel 1927 e a Siderno è morto nel 2010.
Riprendo da Wikipedia le brevi sole seguenti indicazioni essenziali:

"Studioso meridionalista, autore di numerosi saggi tra cui "L'Unità d'Italia: nascita di una colonia" e "L'invenzione del Mezzogiorno - una storia finanziaria". È stato uno dei principali esponenti della classe culturale meridionalista che vede nella rinascita di uno Stato "delle due Sicilie" indipendente e separato l'unica soluzione efficace dei problemi del Sud."

Leggo quanto riportato sulla fonte indicata in calce a questo Post: Onda del Sud.

Penso a un amico che qualche tempo addietro contestava le mie considerazioni appoggiando tesi e sottolineando titoli di volumi di storici che hanno tutto l'interesse a continuare a nascondere la verità.
Lapide commemorativa in onore delle 
vittime del Regno delle Due Sicilie posta
 all'interno del forte, andata distrutta nell'agosto
 2013 in seguito ad atti vandalici.
Fonte Web: Wikipedia
Mi è stato portato ad esempio del mio essere in errore in particolare la tesi di Alessadro Barbero, storico del medioevo, torinese, probabilmente una autorità nell'ambito delle materie di sua specifica competenza, ma che da quanto ho letto a proposito di quello che scrive a riguardo delle atrocità e dei delitti commessi dai piemontesi fino alla completa annessione del Regno delle Due Sicilie, giudico di parte e volutamente non obiettivo.
Avevo scritto riportando come mio solito testi e documentazioni, a riguardo della Fortezza di Fenestrelle.
Fonte Web: Google images
Quello che viene definito il primo lager in assoluto.

Portato alle glorie della televisione da Piero Angela con il quale ha condiviso almeno una pubblicazione edita da Rizzoli, di Alessandro Barbero ho letto quel che pensa di quanto riportato da chi sta aprendo il vaso di Pandora del Risorgimento; tesi le sue poco o scarsamente attendibili, che non credo di aver capito che siano state supportate da documentazioni storiche quanto piuttosto da semplici supposizioni.
Ah! Se almeno i professori che a questa terra appartengono riuscissero a capire l'importanza di educare correttamente i loro alunni in qualsiasi altra parte d'Italia si trovino a svolgere il proprio compito! Se almeno alle nuove generazioni venisse loro svelata la verità! 
Non dico assolutamente che debbano essere di parte, ma obiettivamente corretti.

Perpetrare in questo silenzio non può aggiungere che ulteriori danni per la conoscenza storica e per la comprensione del da dove nasca il disagio economico e sociale di una parte di Italia.
Disagio dovuto e voluto da chi ha compiuto una annessione con soprusi e vigliaccheria, depredando i territori annessi e lasciando che questi morissero da soli nella speranza che scomparissero al mondo e alla storia.

I piemontesi credevano forse che gli eccidi perpetrati sarebbero stati sufficienti per annientare definitivamente un popolo oltre che uno stato; e forse in un certo senso e per una sua parte così è stato.
Perché di quello che restava di quel popolo davvero poco è rimasto e solo una piccola percentuale è riuscita a sopravvivere alla propria memoria.
Tutto il resto è il frutto di una "ripopolazione" goffamente e malamente voluta.

Se esporti e pianti altrove la malerba che si ha nel proprio giardino, altro non può che nascere e crescere altra malerba; più forte e resistente di quella dalla quale proviene.

§§§§§§§§§§§§

Per Nicola Zitara l’Italia è una “non nazione” nata da una guerra di conquista. 

di Ruggero Guarini  -  Da iltempo.it


Uno dei contributi più seri, meno demagogici, alle celebrazioni dell’Unità d’Italia è forse la pubblicazione dell’ultimo, monumentale lavoro di quel grande, ma purtroppo misconosciuto, meridionalista anti-unitario che fu Nicola Zitara. 
Fonte: Onda del Sud.
Il libro («L’invenzione del Mezzogiorno. Una storia finanziaria») è un volumone di circa cinquecento pagine pieno di documenti e tabelle. Zitara (che si è spento nell’ottobre scorso, a 83 anni, nella natia Siderno, in provincia di Reggio Calabria) ne aveva rivisto le bozze proprio pochi giorni prima di morire. Presso lo stesso editore, fra il 1971 e il 1972, aveva già pubblicato due saggi fondamentali – «L’unità d’Italia: nascita di una colonia» e «Il proletariato esterno» – nei quali aveva gettato le basi della sua analisi degli effetti perniciosi che l’impresa risorgimentale ebbe a suo avviso sul nostro Mezzogiorno. 
Ma la sua opera capitale è proprio questo suo ponderoso libro postumo. Quale insolito, eccentrico tipo di «meridionalista» fu Zitara! 
Dopo aver militato a lungo, dalla prima giovinezza fino alla maturità, nel partito socialista, diventò pian piano uno dei principali esponenti di quella singolare famiglia di intellettuali che oggi ritiene che soltanto la rinascita di uno Stato meridionale indipendente, corrispondente geograficamente al Regno delle Due Sicilie, potrà assicurare la risoluzione dei problemi del Sud. 
Questa conclusione, ovviamente, non poteva non portarlo ad avvicinarsi al movimento neo-borbonico. Ma a spingerlo in questa direzione contribuì non poco, paradossalmente, la sua fedeltà ad alcuni aspetti del marxismo.
Di Marx egli infatti accettò fino all’ultimo l’analisi del processo della famosa «accumulazione primitiva» del capitalismo, in cui volle vedere la chiave per analizzare le cause dello sviluppo contraddittorio del capitalismo italiano nel corso del nostro Ottocento pre- e post-unitario. 
Riassumere il suo pensiero sull’argomento non è certo semplice. Ma negli innumerevoli scritti (saggi, articoli, discorsi, lettere) in cui espose per anni le conclusioni politiche delle sue analisi storiche, non cessò mai di sostenere che un elemento fondamentale del programma di Cavour fu l’intento, consapevole e deliberato, di liquidare il Sud economicamente e asservirlo culturalmente al Nord. 
Concepito e messo in opera da lui stesso, il progetto fu portato a una prima conclusione dalla Destra Storica, proseguito poi da Depretis, Cairoli, Crispi e Giolitti, quindi ancora da Mussolini, De Gasperi ed Einaudi. 
Ammetteva che forse Fanfani e Nenni avrebbero voluto cambiare rotta, ma la Confindustria e i sindacati – avallati dal Pci, La Malfa e De Martino – li bloccarono.
Foto N.5
Ne consegue – diceva inoltre – che siamo ancora una non-nazione. 
Il Sud, da quando il Nord lo ha conquistato, è stato squalificato sia nell’immagine che nella capacità produttiva. 
I padani, per svilupparsi, volevano un popolo di iloti, e lo hanno avuto. Hanno regalato ai ricchi le terre della Chiesa e il Demanio pubblico, hanno prezzolato i politicanti, hanno scatenato il clientelismo, hanno inaugurato il notabilato, hanno escogitato l’assistenzialismo, hanno governato simultaneamente coi carabinieri e con la mafia. 
E coi partiti e i sindacati nazionali hanno falsificato lo scontro politico Il Meridione – spiegava ancora – è oggi un paese che si identifica solo per negazione. I meridionali sono italiani negati dalla stessa Italia.
 L’obiettivo, tuttavia, non è – concludeva – la rivalutazione dei Borbone. 
Il problema è un altro: far sapere finalmente a tutti, e in primo luogo agli stessi meridionali, sui frutti di quali saccheggi e razzie piemontesi e nordiste è stata edificata l’Italia. 
Su quali costi vivi, a carico del popolo meridionale, essa va avanti prosperosamente. A spese di chi si europeizza e si eurizza.


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