“Traditi ugualmente, ugualmente spogliati, risorgeremo allo stesso tempo delle nostre sventure; che mai à durato lungamente l’opera della iniquità, né sono eterne le usurpazioni”. - S. M. Francesco II - Proclama di Gaeta, 8 dicembre 1860
martedì 31 agosto 2010
Diario delle vacanze. 1
venerdì 27 agosto 2010
Recuperi da un vecchio taccuino. 2
Recuperi da un vecchio taccuino. 1
Piccole pillole quotidiane….
Chi non conosce la verità è uno sciocco.
Ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente.
Bertold Brecht
Nel paese della bugia, la verità è una malattia.
Gianni Rodari
Ci pisciano addosso e ci dicono che sta piovendo
Detto catalano
In tempi di menzogna universale, dire la verità diventa un atto rivoluzionario.
George Orwell
C'è un solo modo per vedere realizzati i propri sogni: svegliarsi.
Paul Valéry
domenica 8 agosto 2010
Il basilico.
"Trattoria pizzeria D'Amico."
Il figlio del proprietario dell'appartamento che papà aveva affittato per il mese d'agosto ne era il proprietario, il gestore e il pizzaiolo.
Noi ragazzi non si partecipava alle riunioni preliminari.
Il dove saremmo andati in vacanza lo avremmo saputo solo in un secondo momento.
Il 1968 fu a Sapri.
Una volta stabilito il luogo, funzionava che ci si metteva in macchina, si raggiungeva il posto stabilito, e una volta arrivati si partiva alla ricerca del "sensale". Colui o colei cioè, che avrebbero messo l'aspirante villeggiante in contatto con il padrone del quartino.
Gli hotel erano cose per ricchi e forse per famiglie senza figli, o per chi durante la vacanza viaggiava oppure aveva pochi giorni di ferie. Noi si aveva uno spirito stanziale, andavamo in vacanza per tutto il mese, eravamo in quattro e noi due, seppure ragazzi ormai troppo grandi per usufruire delle riduzioni che praticavano pensioni e hotel per i bambini.
Già da qualche anno ormai, si trascorreva il mese di agosto in casa affitto dando l'idea, al momento della partenza, di starai a preparare per un trasloco.
La speranza di ogni affittuario era che il quartino rimanesse sfitto per il mese di luglio, così che si potesse anticipare l'arrivo qualche giorno prima. In subordine che l'inquilino precedente andasse via almeno al 30 del mese per evitare il traffico dell'ultimo giorno.
Speranza sistematicamente disillusa, ma nella quale si credeva fortemente fino all'ultimo. Alla fine si partiva il 31 con la ferma convinzione di aver comunque guadagnato un giorno.
Dunque il 1968.
Sapri.
L'anno dell'invasione di Praga.
Agosto 1968: il mese e l'anno dell'invasione di Praga, per essere precisi.
Papà si era regalato da qualche tempo una radio portatile che teneva gelosamente sul comodino per accenderla appena sveglio; era il suo primo e unico bagaglio che preparava, insieme alla scorta di pile di ricambio. Le portava anche se le aveva cambiate da poco. Aveva la radio con sè anche quel giorno - aveva una particolare passione per la musica e le canzoni tanto da spingerlo a portarla sulla spiaggia - e la notizia ci raggiunse mentre si era sotto l'ombrellone. Non so se fu per la notizia o per quale altro motivo, la radio finì in un secchio pieno di acqua di mare. Alla iniziale disperazione fece seguito la consolazione che l'incidente non aveva pregiudicato nessuna delle sue funzionalità.
Quell'estate la trascorremmo dunque in un appartamentino in fitto. Un "quartino" all'interno di un edificio non ancora completato e tutto di dei D'Amico. I soldi del fitto occorrevano al proprietario per terminare i lavori. Anche quelli di papà finirono dunque per contribuire al completamento dell'opera. Il 968 fu l'unico anno in cui andammo in villeggiatura a Sapri prima che diventasse, cinque anni dopo, il nostro luogo di vacanza definitivo; in quell'anno, complice il luogo, la possibilità di acquisto facilitata da uno sviluppo turistico ancora in fasce, dalla morte della nonna paterna poco tempo dopo che consentì una breve ma necessaria disponibilità economica, si determinò la scelta definitiva delle nostre estati a partire dal 1973 in poi. L'anno prima infatti, e il 1972 fu l'unico nella storia della nostra famiglia, non si andò in vacanza perché papà aveva investito tutta la sua disponibilità economica - e noi due ragazzi dunque partecipammo con la piccola cifra che ci era stata destinata dalla nonna Emma, trecentomila lire ciascuno, che ci aveva lasciato poco tempo prima - nell'anticipo per l'acquisto di una minivilletta in un villaggio di case estive nella frazione marina del comune che precedeva Sapri di soli tre chilometri. Villammare. Fu la casa delle nostre vacanze.
In quel periodo le "passeggiate", come venivano definite, a Sapri furono diverse fino alla conclusione della trattativa. In quelle occasioni ci si fermava a mangiare da D'Amico. La trattoria pizzeria che ci permetteva di utilizzare un suo tavolo sul quale consumavamo quello che la mamma aveva preparato e infilato nella valigia "Jostyle" complice di tante scampagnate precedenti. Compravamo solo le bibite: acqua, Coca-Cola e birra rigorosamente Peroni. A volte la pizza? Questo non lo ricordo. Di certo quello che ricordo è che la pizza che D'Amico preparava personalmente, mancava del basilico. Cosa questa, che per un napoletano equivale a rendere banale la pur migliore pizza del mondo. Il basilico fuori stagione, ci venne raccontato, era impossibile da trovarsi a Sapri.
La mamma non si lasciò sfuggire l'occasione per manifestare la nostra e la sua personale gratitudine per l'ospitalità che in nome della vecchia conoscenza avuta nel corso dell'estate del '68 ricevemmo, e decise che gli avremmo portato ottime piantagioni di basilico napoletano nel corso di tutte le passeggiate che ancora sarebbero seguite nel tempo.
Lascio scorrere la persiana del balcone lentamente prima di chiudere la casa e lentamente scompare al mio sguardo la piantina che al rientro dalle vacanze, sono in partenza per Villammare e sono ormai trascorsi trentasette anni da quella promessa solo in parte mantenuta, troveremo disseccata. Le foglie migliori e più ricche le ha staccate Anna per surgelarle. Far seccare così, abbandonando al suo destino quel verde saporoso sarebbe un delitto. La Trattoria Pizzeria D'Amico non esiste più. Forse i nipoti di quello che fu il nostro "padrone di casa" oggi fanno altro. Forse hanno cambiato paese. Non saprei dire nè in verità mi preme saperlo.
Mancano ormai tante cose dopo trentasette anni, che raccontarle tutte diventa impossibile. Tante, tantissime forse troppe sono anche le cose che sono cambiate. Una sicuramente.
Oggi, anche fuori stagione, il basilico a Sapri troneggia festosamente sulla pizza e non c'è più bisogno che qualcuno lo porti appositamente da Napoli.
L’anniversario
Quello importante, come in una qualsiasi "vigilia"che si rispetti, era il precedente; il tre luglio; il giorno in cui tutto aveva avuto inizio.
Quello della preparazione.
Preparazione intesa in senso generico come in una vera e propria anteprima di quello che sarebbe stato il giorno del silenzioso ripetersi del fatidico "si!", fino al raggiungimento del "venticinquesimo", non c'è mai stata una seppur breve cerimonia in chiesa.
Quando il 4 luglio capitava in uno dei cinque giorni della settimana diversamente che di sabato o di domenica, era già sicuro che papà sarebbe rientrato dal lavoro nel corso del primo pomeriggio.
Vederlo rientrare a casa prima che fosse già buio, o comunque già tramontato il sole, per noi ragazzi era di per sè già una festa.
La mamma avrebbe avuto come sempre un bel da fare per preparare lei, noi e sopratutto decidere cosa avrebbe dovuto indossare lo "sposo" per la serata fatidica.
Serata che consisteva nell'unica volta all'anno in cui si andava a mangiare al ristorante.
Occasione questa, che noi due non ci saremmo persi per niente al mondo.
Sapevamo che per papà era un momento di grande festa, e da come io ricordi, fino a quando gli è stato possibile ha fatto di tutto perché quel giorno rimanesse tale; non vi ha rinunciato neanche nei momenti più difficili che ha attraversato la nostra famiglia.
Difficili dal punto di vista economico, intendo dire.
Poi da un bel momento questa tradizione ebbe termine, anche se non saprei dire perché.
Forse non fu un vero e proprio terminare quanto una specie di cambio.
Dopo aver comprato la casetta di Villammare, fu spostata lì la sede dei festeggiamenti. Mai più però andando a mangiare fuori, fino al cinquantesimo.
Nel periodo napoletano il ristorante fu sempre lo stesso.
Non sarebbe potuto essere diversamente visto il forte senso della tradizione esistente in famiglia.
A Bacoli; non ne ricordo il nome.
Si cenava all'aperto, sotto un enorme tendone che ricopriva tutti i tavoli.
Nel corso dei primi anni e nel periodo in cui iniziammo a far parte della cerimonia, la mamma ancora non aveva deciso che al papà facesse male stare fuori di sera, sopratutto per mangiare.
Il tempo della "reclusione" sarebbe arrivato dopo.
Un'altra tradizione fissa era quello che si sarebbe mangiato.
Oggi non ricordo proprio tutto, ma due sono le cose di cui sono sicuro.
L'"impepata" di cozze, che era appannaggio soltanto della mamma.
Nessun altro avrebbe "dovuto" mangiarne.
Sua convinzione era che le cozze a chi di noi avesse anche solo sfiorato l'idea di mangiarne una, avrebbero provocato malattie terribili e mortali.
Lei invece poteva a volontà perché ne era totalmente immune.
Una convinzione anche questa? Mah! Sicuramente un inganno. Aveva paura che ci facessero male, e s'inventò questa strana storia. In verità succedeva spesso che mangiasse cose impossibili a immaginarsi per noi a quell'epoca, senza subirne alcuna conseguenza. Il che per quel che potevano capirne noi, era senz'altro vero.
Cioè non aveva mai conseguenze da quello che mangiava.
Dunque di una delle due pietanze ho detto, l'altra era il "pollo alla diavola".
Per tutti gli anni in cui è stata rispettata questa tradizione della cena dell'anniversario dunque, non si è mai derogato da questi tre sani principi: ristorante a Bacoli sempre lo stesso; impepata di cozze, pollo alla diavola. Non ricordo se e chi prendesse anche il primo. Forse spaghetti alle vongole e per noi due ragazzi la pizza, ma di questo ne ho un ricordo un pò sbiadito.
Acqua di fontana, Coca Cola per noi e la birra rigidamente Peroni per loro adulti.
Durante il viaggio di andata e quello del ritorno poi, era un susseguirsi di scene e immagini del fatidico giorno di quell'anno addietro, raccontate con un entusiasmo che la riportava indietro nel tempo; quello in cui si scambiarono il loro si.
Fino a quando questa tradizione è stata mantenuta, oltre a un breve cenno di trucco era solita indossare anche alcuni dei suoi gioielli, tra i quali non mancava mai "l'anello di fidanzamento".
Quell'anello è sempre stato per lei un punto fermo. La pietra miliare della sua vita quasi più che la stessa fede nuziale.
Da un bel giorno in poi tutto rimase conservato nel cassetto.
Si, perché quella della mamma fu una vita di voti. Tutti dedicati al papà perché era su di lui solo che si poggiava la nostra sopravvivenza, ed anche una semplice influenza avrebbe potuto causarci problemi.
Poi un bel giorno tutto finì conservato in banca. La scusa fu la paura dei ladri, ma forse la verità era nel non sopportare la vista di quegli oggetti preziosi ai quali aveva rinunciato per sempre.