Copio da Wikipedia la voce “Charlie Ebsdo”:
Charlie Hebdo è un periodico settimanale satirico francese dallo spirito caustico e irriverente.
L'azione di critica è rivolta in primis alla difesa delle libertà individuali, civili e collettive, com'è difeso il diritto alla libertà d'espressione a partire dal proprio interno: non è infatti raro che i differenti redattori si siano trovati in disaccordo su temi più o meno importanti, per esempio in occasione del Referendum sulla Costituzione Europea.
Dissento fortemente a proposito di “spirito caustico e irriverente”.
Forse irriverente quando tratta argomenti di carattere politico, anche se non mi sento di poter giudicare su questo punto, sicuramente blasfemo quando si occupa di argomenti di carattere religioso, “tutte le religioni” intendo e i loro rappresentanti e fedeli.
Non conosco quel giornale, mai sfogliato e nemmeno letto.
Non ne conoscevo neanche l'esistenza.
Confesso: non mi interessa farlo.
Ho però visto le immagini delle copertine e se quel che ho visto è l'anteprima del contenuto, non mi viene affatto da pensare alla satira ma all'offesa gratuita; non credo si abbia diritto a parlare di libertà di stampa ma a libertà di violenza a mezzo stampa.
Sempre da Wikipedia riprendo a ricopiare a proposito dei fatti recenti:
Il 7 gennaio 2015, attorno alle ore 11.30, un commando di tre uomini armati con fucili d'assalto kalashnikov (uno dei quali alla guida di un'auto pronta per la fuga) ha attaccato la sede del giornale durante la riunione settimanale di redazione. Dodici i morti, tra i quali il direttore Stéphane Charbonnier, detto Charb, e diversi collaboratori storici del periodico (Cabu, Tignous, Georges Wolinski, Honoré), due poliziotti e numerosi feriti. Pochi istanti prima dell'attacco, il settimanale satirico aveva pubblicato sul proprio profilo Twitter una vignetta su Abu Bakr al-Baghdadi, leader dello Stato Islamico. Dopo l'attentato il commando, che durante l'azione ha gridato frasi inneggianti ad Allah e alla punizione del periodico Charlie Hebdo, è fuggito. Nei giorni successivi, durante la caccia ai criminali, sono morte altre otto persone, una poliziotta e quattro ostaggi colpiti dal fuoco dei terroristi islamici ed i 3 attentatori colpiti dalla gendarmeria francese.
Si è trattato del più grave attentato terroristico in Francia dal 1961.
In seguito agli attentati è tornato ad uscire in edicola il 14 gennaio con il numero 1.178 con una tiratura di 5 milioni di copie e in 16 lingue uscendo in Italia allegato assieme a Il Fatto Quotidiano dove ha subito esaurito le 268 mila copie destinate all'Italia.
Dopo quell’evento è stata una generale unica manifestazione di popolazioni che per farsi ritenere vicine alle vittime e ai loro familiari, hanno sbandierato striscioni, bandiere, magliette con sopra scritto “Io sono Charlie”.
No, non mi viene proprio da dire anch'io "Io sono Charlie".
Nemmeno ho pensato di approvvigionarmi della copia del 14 Gennaio de Il Fatto Quotidiano con allegata l’ultima copia del giornale: non mi interessava assolutamente andare oltre quanto già ho avuto modo di vedere e capire.
Google Immages propone le copertine del settimanale: non saprei come etichettarle.
Definirle offensive o di cattivo gusto sarebbe riduttivo e non darebbe l’idea della sensazione che possa provocare la loro visione.
Nella mia ingenuità non credevo si potesse arrivare a tanto.
Verrebbe da pensare che se la son cercata, se la sono voluta e quel che è accaduto è stata probabilmente la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
So che non è cristiano pensare questo, ma intanto come esprimere diversamente il mio pensiero dopo quanto visto e letto?
No, “Io NON sono e non potrei mai essere Charlie”!
Le ragioni sono logiche e inequivocabili, e credo che l'essere "Charlie" sia una manifestazione di immotivato qualunquismo.
Quel modo strano in cui si sale sul carro dei partecipanti a manifestazione conclusa per far sapere a tutti che "c'ero anche io".
Solo che non si era lì, e non si saprebbe neanche ben dire a che cosa si è partecipato.
Non ritengo che il problema sia da rilevarsi nell'ambito della libertà di stampa, o meglio ancora nella libertà di satira.
No: non credo proprio che libertà di satira o di stampa corrisponda a quello che viene pubblicato su quel settimanale.
A tutto c'è un limite e libertà di stampa o di satira non vuol significare libertà di offesa dei sentimenti o delle convinzioni degli altri.
Neanche è una giustificazione il dire che nessun personaggio è stato mai escluso: anche il Papa cristiano e la religione cattolica e dunque i cattolici tutti.
Quindi nessuno ne può o ne deve essere escluso, per questo?
Un banalissimo "mal comune mezzo gaudio"?
Presunzione e arroganza?
Si, e anche violenza spicciola e immotivata.
Le parole, e quelle scritte ancor più che quelle verbali, feriscono e uccidono.
La parola, che sia parlata o scritta oppure anche un disegno... sono armi vere e proprie che creano danni anche irreparabili!
Perché meravigliarsi dunque se a chi ha ferito e cercato di uccidere con le “armi della carta” qualcuno ha deciso di rispondere con le armi reali?
Alle parole e ai disegni ha risposto con i proiettili?
Quale dunque la differenza? La carta è solo virtualmente innocua: spesso, e questo potrebbe essere stato il caso, diventa una bomba che scoppia tra le mani di chi la lancia.
La violenza non è mai giustificata e giustificabile: qualunque essa sia, da chiunque venga perpetrata - e penso ai cosiddetti "portatori di pace" o "esportatori della democrazia", beffe che si uniscono ai danni! - e con qualunque mezzo venga effettuata: pistola, mitra, bomba, pugnale, matita.
Quella che ho visto e che ha causato la strage dello scorso sette gennaio non è satira.
La satira è una cosa, la mancanza di rispetto è un'altra.
Un'altra cosa ancora è l'essere o meno intelligenti o superficiali nell'affrontare determinati argomenti, sopratutto quando si decide di denigrare, perché spesso si fa passare per satira la denigrazione pura e gratuita, sentimenti che possano essere causa di reazioni violente, incontrollate o incontrollabili.
Mi aiuto ancora con Wikipedia:
Per Giorgio Forattini, la satira è una grande dimostrazione, la più alta espressione, di libertà e di democrazia. Secondo Dario Fo la satira è una forma libera e assoluta del teatro; Daniele Luttazzi la definisce «un punto di vista e un po' di memoria». Questo, assieme ai temi rilevanti che affronta, la distingue dalla comicità e dallo sfottò (la presa in giro bonaria), nei quali l'autore non ricorda fatti rilevanti e non propone un punto di vista ma fa solo del "colore".>
Conan Doyle fa dire a Sherlock Holmes che in un omicidio la responsabilità maggiore non è dell'assassino ma dell'assassinato, perché quest'ultimo ha creato le condizioni favorevoli acchè quell'omicidio possa essere stato perpetrato.
Una esasperazione forse, ma molto certamente veritiera sì.
Dunque tutti deprechiamo senz'altro quanto accaduto perché dinanzi alla morte non si può restare indifferenti, ma siamo proprio sicuri che la colpa sia proprio solo degli uomini del commando che hanno sparato o non sia maggiormente dei giornalisti che la reazione di quel commando hanno provocato?
La "religione", qualunque essa sia, non può essere oggetto di una satira.
Magari il comportamento poco attinente alla religione professata da parte di una determinata persona questo ci sta, ma non la religione in quanto tale.
Non quindi coinvolgendo tutti coloro che in quella religione credono e la praticano.
Potrebbe esere oggetto di satira colui che "mal razzola” "bene predicando", ma non l'oggetto della predicazione.
Non coloro ai quali a quella predicazione credono e prestano fede.
Non c'è giustificazione per nessuno dei due gruppi: stupido l'uno, violento e reazionario l'altro.
Se hanno sempre avuto vita facile con chi è tollerante e poco si è curato di loro, hanno toccato i sentimenti e il credo di chi tollerante non lo è mai stato, e che altro non cerca che l'occasione giusta per dimostrarlo.
Quei signori poco accorti hanno dato vita a una situazione di crisi che coinvolge non solo la cerchia ristretta della loro redazione.
Hanno dato una scossa violenta a una montagna in smottamento che cadendo potrebbe coinvolgere molto più che una semplice e banale redazione di qualunquisti.
Non c’è motivo per il quale tutti possono o devono accettare tutto passivamente.
Libertà sì, ma senza violare quella degli altri: e troppo spesso chi si ritiene un giornalista vìola le altrui libertà con sciocche, banali e non giustificabili motivazioni.
Occorre una grande capacità di discernimento e una grande intelligenza per comprendere quali siano i limiti della propria e delle altrui libertà.
Non c'è nulla di più violento che la mancanza di rispetto per le idee e le convinzioni altrui.
Sempre più spesso ci si dimentica che a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria: quello che è accaduto era inevitabile e da attendersi.
Mi spiace vedere quante siano le persone che ritengono di doversi riconoscere in “Charlie”: come se il numero debba poter spaventare, laddovve per i fondamentalisti è proprio il numero che crea esaltazione! Orgoglio per quel che si è fatto.
Come dire: piatto ricco, mi ci ficco! Più ne sono più ne ammazzo contemporaneamente e tutti insieme!
Mi danno una triste immagine di alighieriana memoria "Come le pecorelle escon del chiuso - a una, a due, a tre, e l'altre stanno - timidette atterrando l'occhio e 'l muso; - e ciò che fa la prima, e l'altre fanno...".
Perché l’uomo è un po’ abbastanza pecora.... lo ha dimostrato e continua a dimostrarlo ancora oggi... un po' in tutto il mondo e sopratutto in questa nazione politicamente chiamata Italia che si ritiene unita soltanto nelle insulsaggini e nelle banalità.
No: io non sono nè sarò mai Charlie.
Immagini: fonte Web - Google Images
Nessun commento:
Posta un commento