giovedì 19 dicembre 2013

Maurizio De Giovanni: BUIO PER I BASTARDI DI PIZZOFALCONE. L'ho letto e penso questo.

L'ultimo volume di De Giovanni è semplicemente “Molto bello": una scrittura lineare, semplice e senza sbavature.
Uno dei pochi autori che oggi utilizzano in maniera egregia le tecniche narrative.
So di averlo già scritto, ma lo ripeto.

Anche il metodo utilizzato per far comprendere caratteristiche, vizi e virtù dei personaggi che ritiene fondamentali in una qualche maniera al racconto - siano essi "prime donne” o meno -  è millimetricamente perfetto:  descrive in maniera quasi da osservarli di nascosto al loro interno, gli ambienti familiari, sociali o di lavoro in cui si muovono e vivono - o hanno vissuto - così da permettere al lettore in maniera naturale e senza spreco di parole, di capire il perché dei comportamenti con cui si mostrano all'interno della storia.

Non scrive in maniera volgare, non ci sono descrizioni di scene che tanti ormai si preoccupano di inserire con minuziose descrizioni di particolari superflui e fastidiosi credendo di accattivare il lettore, ma che spesso e volentieri fanno storcere il naso e andare oltre sapendo di non perdere il senso del racconto.
Parti di testo superflue che danno di chi scrive una immagine di forte repressione sessuale.

In De Giovanni anche il privato dei personaggi è proposto invece in maniera garbata e pudìca, risultando perfettamente integrato con la narrazione che prosegue in maniera accorta essendone una delle parti che completano l'insieme della narrazione.

De Giovanni sembra essere già nato grande: sin dal suo primo libro ha fatto capire di che pasta era fatto e diversamente che altri, migliora sempre più affinando sia il metodo di racconto che di resa di una realtà che chi legge può costruirsi da solo; come fosse il regista o lo sceneggiatore del film spontaneamente nato dal libro.

Uno dei meriti che gli riconosco è anche quello di una ambientazione a Napoli, dove i protagonisti però lasciano in chi legge la libertà di ascoltare i dialoghi con quella cadenza che solo un napoletano che parla italiano può avere.
E  anche il "Cinese", che arriva dalla Sicilia, lo si ascolta con quella cadenza che solo un siciliano che parla in italiano può avere.
Non usa il dialetto, che potrebbe facilmente tracimare nel volgare: ma la "parlata”.

Confesso che seppure resta un maestro nella costruzione di racconti polizieschi, Camilleri sta perdendo punti nella mia classifica ideale per questa fissazione di voler rendere internazionale una letteratura che appare sempre più "locale".
Il suo siciliano andava benissimo nei primi libri: ora stanca e affatica; chi gli si avvicina ora ha serie difficoltà nel proseguire.

De Giovanni ha la grande capacità di permettere al  lettore di leggere il racconto con quella pronuncia napoletana che meglio conosce e che meglio gli consente di comprendere.
Qualunque sia la regione in cui è nato o abita.

Un libro quest'ultimo, che costringe a una lettura serrata senza fermarsi: un racconto che spinge a ragionare e che non si dimentica facilmente!

Davvero un forte “Grazie” a Maurizio De Giovanni!

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