Se ne è andato accorgendosi che qualcosa si stava rompendo in lui definitivamente rendendo vana la risposta all'aiuto sommessamente urlato che in un ultimo disperato tentativo gli era stato portato da chi, raccolto il suo grido gli stava intorno.
Pasqua!
Da quando se ne andò la nonna, era l'agosto di quasi ventisei anni fa, provo a cercare tra quelli dell'anno il mese in cui possa essere meno doloroso il pensiero d'andar via.
Ma ciascuno ha in sé dei motivi per rimandare.
Gennaio e la gioia del nuovo anno; l'abbozzo appena formato di un futuro migliore di quanto non sia stato prima.
Ancora troppo vicino il pensiero del Natale appena trascorso.
Troppo vicine le immagini dei colori e dei suoni festanti pieni di allegria.
Febbraio: già al suo apparire si spandono nell'aria gli odori e i colori del carnevale.
Le immagini delle maschere, i coriandoli festosi, la quaresima imminente!
Il profumo del sanguinaccio, l'aroma diffuso dello zucchero alla cannella che avvolge le frappe appena fritte da rubare di nascosto dal vassoio; il sapore avvolgente della lasagna!
Marzo: i primi assaggi di una primavera che dà inizio a relegare il grigio dell'inverno tra i ricordi.
E i peschi e i mandorli pronti a mescolare a quello del cielo i colori dei loro fiori.
E ancora le ginestre che aggiungono a quelli il loro giallo brillante.
Nei vasi del mio balcone spuntano gioiose le fresie della nonna.
Bulbi che paiono eterni; mai domati dal tempo!
Le zeppole nascoste dalla crema e dallo zucchero a velo!
E le amarene fatte in casa che ne sormontano la cima.
Marzo: troppo prossimo ad un Aprile con il quale condivide la Pasqua.
Una contrizione dolorosa che nel rinnovare la coscienza di una alternanza tra la vita e la resurrezione procura una sommessa e prorompente gioia.
È il tempo in cui si spande penentrante il profumo del casatiello appena sfornato e pronto da portare a tavola.
Fa bella mostra di sé sulla mensola più alta la pastiera e le sue tante ricette ciascuna proveniente da una "pasticciera" di famiglia.
Tutte uguali seppure ciascuna diversa dall'altra.
Maggio: il mese delle rose appena fiorite; il ricordo del rosario recitato quotidianamente dalla nonna davanti al precario altarino innanlzato sul termosifone.
Il cero, le immagini dei Santi cui era devota, i vasetti dove poneva le fresie appena colte dai suoi vasi.
Giungo: come pensare di poter andar via proprio all'inizio dell'estate, quando ormai si mordicchia il pensiero della vacanza sognata!
Luglio che indulgente lascia cogliere ogni occasione per farsi accarezzare dal sole.
Dunque agosto con le sue magie! le vacanze! il lavoro: un ricordo da tenere lontano.
I tuffi inventati in un mare caldo e avvolgente; il placido trastullarsi in un dolce e "meritato" far niente.
Le lunghe e calde serate piene di chiacchiere sornioni all'aperto! i gelati, le granite al limone.
Non settembre: settembre no! ci sono nato in settembre!
Andar via proprio in quel mese non mi riesce di immaginarlo.
E poi il ricordo dei carri allegorici della festa di Piedigrotta che passavano davanti alla libreria di papà con la serranda ancora alzata a tarda ora per l'occasione.
Lì ci sono io ancora bambino: allora come forse ancora oggi.
Ottobre? si accorciano le giornate, si approssima l'inverno, si iniziano a chiudere le finestre la sera.
Il pensiero si riempie del saporoso abbraccio delle prime timide coperte.
E poi a ottobre c'è il compleanno della mia sorellina: no! andar via in ottobre sarebbe imperdonabile.
Novembre ha le sue gioie nel profumo delle castagne arrostite e i suoi dolori nel ricordo di chi è andato già via.
Un pensiero che non si ferma per tutto il mese.
A novembre non si puó.
Novembre sarebbe una ironia della sorte!
E poi le prime vetrine che iniziano a riempirsi dei colori di un Natale ormai sempre piú prossimo.
Ancora in un susseguiorsi di avvicendamenti a cavallo con Dicembre, s'avvicina l'avvento durante il quale le cerimonie miste di sacro e di profano pretendono una rispettosa e accorta attenzione.
Dicembre: non é un buon mese neanche dicembre.
Tutto dedicato al Natale ormai sin dai suoi primi giorni.
L'albero da agghindare, il presepe la cui realizzazione segue un progetto mai descritto su carta.
Un continuo fare e disfare per ricominciare tutto da capo a lavoro ormai terminato.
Il pensiero imperante di cene importanti separate da soltanto sette giorni l'una dall'altra.
Dove? come? cosa? con chi? in quanti?
Tutto il mese trascorso a cercare un dono da mettere sotto l'albero figurandosi il sorriso in chi lo riceverà.
Impossibile scegliere: e allora ecco perchè è la vita che decide per noi.
E la vita ha deciso anche per Michelangelo.
E per Michelangelo ha deciso che fosse nel pieno di questa Pasqua.
E vengono in mente gli auguri scambiati con l'entusiasmo di sempre la notte del 31 dicembre solo da poco trascorsa.
Quante bugie in quegli auguri!
Quante cose non vere, quante falsitá!
Pasqua: se proprio mi venisse imposto di scegliere, forse dire che andrebbe bene qualunque momento dell'anno tranne che durante la Pasqua.
Anche se la Pasqua per chi ha fede vuol dire certezza di resurrezione, e per Michelangelo è quello che è accaduto.
Andato via proprio durante la stessa notte in cui è morto Gesù!
Ah quanto è triste questo momento per coloro che non hanno fede!
L'amico, il fratello, il conoscente muore due volte: una al mondo e l'altra alla vita.
In costoro resta il "suo posto vuoto", non la sua presenza.
Potrebbe mai non essere dunque risorto anche lui?
Non può Gesù, vedendolo venir via insieme non aver ripetuto anche a lui "Oggi sarai con me nel Paradiso!"
No: non può non averlo fatto!
Non può aver lasciato solo proprio questa notte Michelangelo!
Non mi riesce di individuare altra destinazione per lui.
Lui che ha dedicato tutta la sua vita agli altri, alla mamma, al padre, ai fratelli, ai nipoti.
Ai suoi scolari!
Gli scolari hanno ricevuto da lui l'insegnamento più difficile da trasmettere da parte di un educatore: imparare a trasformarsi da infanti ad adolescenti.
Bambini di provenienza e indole diversa; figli di genitori non sempre attenti o presenti in casa; o disponibili a comprenderne le esigenze perchè presi dalla loro vita irruenta.
Michelangelo ha saputo fare di loro la sua famiglia esclusiva; senza distinzione di età, provenienza culturale, estrazione sociale.
Li ha fatti sentire tutti ricchi di capacità e potenzialità da dover solo imparare a concretizzare.
Ha dato a tutti la sensazione di essere anche lui uno di loro pronto a rispondere a tutti con la sua dolce fermezza.
Un insegnamento difficile, complesso, trasmesso con la stessa naturalezza con la quale ha affrontato le sue vicissitudini.
Non ho mai visto Michelangelo arrabbiato, avvilito.
Stanco, sudato, affranto per le tante cose cui pensare: ma sempre sorridente.
Mai visto altrimenti il suo volto.
Non ricordo altro in lui che non fosse un sorriso.
Il suo viso non aveva quelle rughe prodotte da un volto rattristato, avvilito, arrabbiato.
Un viso aperto, semplice, sincero senza alcun segno di ambiguità.
Un volto che spiegava cosa volesse dire essere "lo specchio dell'anima".
La notizia della sua morte non mi ha procurato dolore o contrizione.
No: mia ha semplicemente squarciato il cuore; mi ha lacerato l'animo lasciandomi fermo; immobile.
In attesa.
Un forte senso di colpa mi ha afflitto.
Perchè mi son detto, non mi è accaduto con i miei nonni o con i miei genitori provare la stessa esperienza?
Forse che la loro morte non ha procurato in me un altrettato dolore?
Solo dopo ho capito che la diversità era nel come si erano differenziati gli eventi e non nella intensità dei sentimenti che quegli eventi avevano generato.
Solo allora si è liberato in me l'urlo disperato soffocato dalle lacrime per un addio troppo in fretta consumato.
Inatteso; non pensato; non creduto possibile; difficile e complesso da metabolizzare.
Ciao Michelangelo.
A queste parole affido il mio saluto a te, e so che le ascolterai anche se il computer e internet non erano all'altezza della tua semplicità.
Un saluto che non sapevo, non credevo doverti mai dare così e cosí presto.
Nessun commento:
Posta un commento