lunedì 16 aprile 2012

La carezza.


Fu nel corso della notte tra un venerdi e un sabato di molte settimane fa.
Sin da subito ebbe la certezza che non fosse stata una suggestione.
Quel tocco, anche se leggerissimo, fu sufficiente a svegliarlo e fargli girare la testa.
Non poteva esse stata Albertina, la moglie.
Il suo lento e ritmico russare, così regolare ne fu la conferma.

Teodoro stava girato verso l'esterno del lettone, la parte sinistra.
D'un tratto sentì una carezza correre veloce a sfiorargli la guancia destra sfuggendo rapida tra i capelli.
Dall'orecchio andando indietro.
Un tocco leggero.
Impalpabile. 
Lo ha solo sfiorato ma fu sufficiente a svegliarlo.

Nel girarsi s'accorse del fuggire d'un ombra scura nel buio che oltrepassava la porta chiusa della stanza.
Teodoro ne fu sicuro da subito e senza alcuna perplessità: era stata la mamma che non ha resistito a quel gesto d'affetto.
Gli stava lontano ormai da troppo tempo!

L'avrà fatto di nascosto o avrà chiesto il permesso?
Ripensando al carattere che aveva quando era in vita, Teodoro ne fu certo: non avrà detto niente a nessuno, nè si sarà preoccupata di non farsi vedere.
Potrà mai più tornare?
Chissà! Forse l'avran messa in castigo!
Figurarsi....
Per quanto gliene sarà importato....!

Non si era trattato di un sogno: sapeva bene che le carezze nei sogni non possono svegliare.
Non si era trovato nel dormiveglia: l'auricolare infilato nell'orecchio e collegato al suo iPod aveva esaurito i brani chissà da quando.

Tacque di quella cosa con tutti; il giorno successivo e quelli seguenti.
Sperava che quella sensazione si ripetesse, e che il non parlarne consolidasse la convinzione della sua complicità. 
Nessuno sa e saprà, mammina: rimane tutto tra me e te!

Già la sera successiva andò a coricarsi quasi in fretta; con l'ansia di chi è in attesa di un evento miracoloso.
Sarà una dimostrazione di cosa sia la fede essere convinti fortemente che una cosa possa accadere perché essa davvero accada?
Da bambino al catechismo gli avevano insegnato così.

Ma quella notte non venne, e più non tornò in nessuna di quelle successive.
Albertina però non seppe mai.
Teodoro continuò a custodire il suo segreto, e ancora oggi non ha intenzione di parlarne con nessuno.
Ha deciso di non pensarci più.
Di due cose è certo: quella volta è accaduto davvero e lui sa che è così e sa bene chi e come sia stato; in un qualsiasi altro momento potrà accadere di nuovo, ne è certo. 
Non deve però stare lì nè ad aspettare nè a far nulla affinchè accada.
Accadrà tutto quando sarà il momento.
Deve solo continuare a crederci.

mercoledì 11 aprile 2012

Rapidi flash domenicali.


Fiorentina si palesa morbidamente affacciata alla finestra del suo appartamento; proprio sopra l'ingresso del forno/panetteria che riaprirà - ahilei! - con l'arrivo dei primi villeggianti.
Dall'alto dispensa sorridenti saluti a chi alzando la testa ne elogia la brillantezza del volto.
Per nulla riconoscibile ripensando alla Fiorentina dei giorni peggiori…!
Quelli dei mesi di luglio e agosto trascorsi nell'angosciante pensiero di scoprire in una qualche teglia rimanenze dei tranci di pizza preparati con rapida manualità da marito e figlio; tutti di volta in volta messi in mostra dietro i vetri del bancone.
Poco tempo manca al suo primo sperato "...è feneto!" della stagione, che saluterà la riapertura delle porte del suo bianco ed essenziale commercio.

L'ermafrodito è sempre lì travestita delle sue mascolinee fattezze dedita a dispensare scontrini, cornetti e piattaforme di dolciumi di varia grandezza, lasciando che nella fantasia della gran parte del vegliardo pubblico che le si palesa al banco si materializzino immagini eroticamente licenziose.
Maschi di variabile età dunque riaffiorano rossi in viso dal negozio affrontando velocemente la strada che li separa da casa; tutti con ridondanti guantiere piene del loro dolce contenuto esorbitante valori glicemici di esagerato livello.

Vincenzo, che abitualmente vaga senza sosta all'interno del Villaggio del quale si ritiene il “custode”, ha trasferito il fondoschiena dal sedile del furgone al muretto del lungomare riscaldato dal tepore primaverile.
Oggi è domenica; un dì festivo; il giorno in cui ci si riposa dalle fatiche della settimana.
Il suo volto è inespressivamente triste al pensiero che egli sia l'unico a non poter godere della festa: come distinguere il giorno di festa e quello del lavoro?
Lo sguardo assente e perso nel vuoto danno l’idea ch’egli si ponga continue domande senza sapere quali.

La risacca lentamente aggiunge la sua voce al chiacchiericcio degli indigeni che passeggiano con l'unico scopo del far nulla in attesa dell'ora di pranzo.

Tutto è un mescolarsi di voci, suoni e colori gioiosi: in alcuni casi forti in altri tenui e delicati.

Sulla spiaggia si avvicendano figure frettolosamente affaccendate a cimentarsi in competizioni podistiche con sè stessi.
Puntini colorati le più distanti.
Altre sdraiate per cogliere il primo sole, non sdegano di esporre le loro nitide fattezze con ridanciana allegria.

Un continuo alternarsi di fuggenti immagini in movimento a statiche esposizioni; tutti beati a raccogliere l'inizio di un affacciante calore.

Si avvicina l'ora del pranzo; lo si capisce dal veloce udirsi del saluto collettivo sprizzante golosa acquolina.

La fermata a un desinare rapido ed essenziale è d'obbligo per gli incerti del "mordi e fuggi" domenicale..
Al reparto gastronomico del centro commerciale due signori questionano sul reciproco mancato rispetto della fila.
I due erano i soli dinanzi al banco e due erano i commessi: una graziosa esercitazione in previsione del prossimo agosto.