Anche se lentamente, si nota una evoluzione narrativa di non poco conto.
Abbandonare il bar, i vecchietti e la fissazione del racconto giallo che vede in detective del tutto inappropriati i solutori di misteriosi delitti è sicuramente stata una felice decisione.
Un filone quello, che richiama facilmente ai vari “Don Matteo” o prima ancora “I racconti di Padre Brown” di Chesterton.
Il racconto giallo bisogna saperlo gestire e manipolare con competenza.
Questa volta si nota una buona abilità nella gestione del racconto e della sua strutturazione.
Restano spesso poco nitidi e di difficile intuizione i protagonisti che appaiono a ogni cambio di scena: aprire un nuovo capitolo sarebbe stato più semplice anche per la continuità della narrazione.
Il paragrafo non può essere necessariamente indicativo di un cambio immagine.
Capire chi dice a chi, dove, come e quando non è sempre facilmente intuitibile.
Per questo motivo il nuovo personaggio non è sempre subito individuabile.
In ogni caso il meccanismo, seppure da affinare, è apprezzabilmente ben concepito.
Resta inspiegabile il motivo del "romanzo" inserito nel racconto; il contenuto è realtà o fantasia? mancando la possibilità di un accreditamento scientifico di quanto si legge resta una sola risposta.
Le parti non sono eccessivamente lunghe e non sono molte; non sono integrate nel contesto del racconto e quindi possono essere “saltate” senza alcun danno.
Ciò infatti non porta alcun disagio alla continuità del racconto e quando incontro un libro che mi permette di non leggere una sua parte senza generare incomprensione, me ne fa sminuire il valore complessivo.
Quella parte di testo è totalmente scollegata da tutto il libro: non serve a niente.
Opinione del tutto personale ovviamente.
La fine è poi giunta troppo in fretta e proprio mentre il lettore si aspetta una ulteriore seppur breve serie di passaggi incrociati tra i personaggi.
L'impressione che ne viene è quella di una repentina stanchezza nello scrivere, o fretta di dover consegnare il manoscritto.
In ogni caso la parola "fine" sarebbe stato opportuno inserirla al termine delle pagine dell'"Epilogo" che mi si presenta comunque troppo frettoloso anch'esso oltre che un po' confuso.
Del tutto superfluo ritengo sia il "Capitolo ultimo" quindi, ma ancor più inutile e per certi versi fastidioso il "Per finire": l'autore dovrebbe decidere di essere diventato adulto e di smetterla con i ringraziamenti personalizzati.
Che ci sia chi aiuti e chi collabori è del tutto normale.
Se si vuole dir grazie pubblicamente lo si può fare nel corso di una presentazione o una conferenza stampa.
Anche perché a quei nomi non è associabile nessun riferimento che faccia comprendere a chi legge di quale sia il rapporto con l’autore.
Non è che lo si vuol sapere necessariamente, ma messo così quell’elenco è del tutto superfluo visto che chi doveva essere ringraziato lo sarà sicuramente stato nel privato.
La sensazione è che l'autore stia iniziando finalmente a entrare nel contesto dell'artifizio letterario.
Restano da superare sicuramente alcune infantilità, e la tentazione di creare un racconto all'interno del racconto.
C'è già chi ha fatto qualcosa del genere con risultati davvero penosi!
(Nota Bene) L'immagine inserita corrisponde alla copertina del libro prelevata dalla versione in formato elettronico/eBooks.
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