domenica 1 luglio 2012

Considerazioni fisiologiche.


Aprile.
Domenica: una di quelle dal sapore primaverile!
Sono in bicicletta e percorro la strada sulla quale affaccia pretenzioso l’ingresso principale della Casa Comunale di Pompei.

L'edificio, una volta residenza del Beato Bartolo Longo, si trova proprio di fronte alla facciata del santuario dedicato alla Madonna ricco di marmi, colonnati e ingresso al campanile.
Oltre ai giardini con la fontana ricettacolo di materiale di vario, li divide un ampio tratto di strada inglobato in quella che è la piazza dedicata al Beato.

In corrispondenza dell'ingresso della casa comunale dunque, al centro della strada e ben troneggianti in tutto il suo spettacolare quanto maleodorante aroma si palesa impossibile a non vedersi la testimonianza del passaggio di uno o forse più d'un cavallo.

Cavalieri della domenica in mostra? A volte se ne vedono.
Militi in assetto da parata? Anche di questi a volte se ne vedono.
Questa volta si tratta proprio di questi ultimi: carabinieri che non avendo null’altro da fare inducono sofferenze ai garretti degli animali loro affidati costringendoli su strade asfaltate piuttosto che liberarli su terreni battuti o strade predisposte a essere calpestati da zoccoli.

Un tempo i comuni facendo di necessità virtù, provvedevano a organizzare un adeguato smaltimento dei liquami e quant’altro lasciati liberi in strada da animali da soma.

Dunque oggi non è difficile incrociare lungo la strada ufficiali della benemerita a cavallo e signori di tutto punto vestiti da rustici cavallerizzi che invece che percorrere praterie, campagne e sentieri di montagna onde consentire ai loro destrieri di esprimere il meglio di sé, amano mostrarsi con ondeggiante e parsimonioso passo, percorrendo il centro cittadino, con le fetide conseguenze del caso.

Così come per tutti quelli appartenenti ad altre razze, anche i cavalli – in quanto animali - hanno necessità di espletare i loro bisogni direttamente in strada; il cavalli come tutti gli altri loro consimili, hanno però la caratteristica di lasciarsi andare con maggiore libertà ed entusiasmo!

Lo fanno restando in piedi lì dove si trovano quando stazionano in attesa di riprendere il cammino, oppure si liberano lungo la strada senza darsi cura di chi viene dappresso.

Colpa del cavallo?
No, perchè il cavallo non è un animale domestico!
Non è dunque un animale educato!
Obbediente a ordini perché domato, meglio dire schiavizzato; non certo domestico, non quindi educato perché non educabile.

Oltretutto tenendo in buon conto che tanto grande è l’animale, tanto più grande è il risultato! si può immaginare lo spettacolo che si apre agli occhi di coloro che oggi, domenica di turisti e pellegrini, attraversano la piazza!

Dunque ci sarebbe da chiedersi: se quella dei cani deve essere raccolta dal padrone che lo porta a spasso, perché mai la defecazione dei cavalli deve restare lì, in bella mostra, maleodorante, fetida, ingombrante senza che nessuno si curi né di levarla ma soprattutto di far sì che non venga raccolta dai “cavalieri” di turno?

Che il centro di un comune destinato a essere punto di aggregazione di pellegrini che si recano al santuario, o di turisti in visita agli scavi sia destinato a un tale scempio, e soprattutto nel corso di un giorno festivo: quando cioè maggiore è l’affluenza, è davvero uno scempio più che una vergogna!
Una offesa alla umana decenza!

Perché poi proprio i carabinieri invece che dare il buon esempio come dovrebbero, nel rispetto che devono alla popolazione indigena e forestiera, non raccolgono – se proprio devono mostrarsi al popolo circolando in sella a cavalli dallo sguardo afflitto, per mantener vivo inutilmente il ricordo di un ormai desueto passato - quanto gli animali da loro condotti lasciano andare liberamente in strada, e se ne infischiano di aver sporcato la strada e infestato l’aria?

Mi fan pena i cavalli perché sicuramente soffrono.

Sono insopportabili i “cavalieri” per la loro presunzione, ma sicuramente più ancora insopportabili per la loro arroganza e inutile manifestazione di autorità sono i carabinieri.

Quelli a cavallo in particolare, ovviamente.

"Andrea Vitali-La mamma del sole." Io lettore penso che...


Alzi la mano chi, leggendo uno dei racconti di Andrea Vitali, non abbia ritrovato chiudendo gli occhi, uno spaccato di vita del proprio paese, del suo quartiere. Le fotografie di strade e palazzi a lui ben conosciute e note. Vite di vicini di casa, negozianti, amici e conoscenti che condividono insieme una stessa unica comunità.

Nelle grandi città in effetti, il quartiere è costituito proprio da una piccola comunità completa di tutto.
La sezione comunale, la farmacia, la parrocchia, gli uffici giudiziari, la salumeria, il macellaio e tutte quelle tante voci silenzione e aun tempo chiassose, invadenti, petulanti che sono proprie di un qualsiasi paesello di provincia.

Magari il momento storico è diverso, ma l’ambientazione di tutte le storie negli anni che precedono la seconda guerra mondiale, dà l’idea di immaginare cosa sarebbe stato e come sarebbe vissuto il lettore se fosse nato poco prima o poco dopo l’anno 1900.

Le storie si susseguono intrecciando le vite private e lavorative nonchè le abitudini personali di cisacuno dei personaggi, fino a farle confluire tutte in una unica storia complessiva.

Sin dalla sua presentazione, si sa che ogni personaggio che si inserisce per un qualche motivo nel contesto del racconto, sarà parte integrante della storia. Tutti sono a loro volta  “Il Protagonista” e nessuno di loro, per quanto breve possa sembrare la sua apparizione è da ritenersi un comprimario.

Ogni parte del libro è un racconto a sé stante, ed ogni racconto è composto da singole immagini ciascuna completa pur a volte nel suo breve svolgersi. Ciascuna di esse essenziale; non dispersiva, non astratta, non avulsa dal contesto. Si capisce subito che ciascuna immagine presentata è stata collococata al momento giusto.

Invece che perdersi in inutili e cervellotiche elucubrazioni, in esasperanti descrizioni ambientali, pericolosi ragionamenti filosofici, particolari descrizioni di scene appiccicate lì tanto per far volume, ogni flash è così completo pur anche nella sua brevità, che si tratti di poche righe o di due o tre pagine, si ha comunque chiara l’idea che tutto quello che costituisce il brano corrisponde a ciò che il lettore deve conoscere.

Tutto il resto – cioè quello che manca – è uno stimolo all’immaginazione, alla costruzione personale di una propria personale ambientazione in modo che chi leggi ritrovi quasi sé stesso o le persone che conosce.

Si. Meglio dire “avrebbe conosciuto” se fosse vissuto lì, e a quel momento.

La possibilità di collocare a proprio piacimento la darsena, la casa, il bar, il negozio, la parrocchia, la casa del prefetto o quella del maresciallo: ogni cosa è lasciata alla libera immaginazione. L’importante è lo svolgersi del racconto e il movimento dei protagonisti all’interno del palcoscenico.

Insomma: se Andrea Vitali avesse la stessa capacità di produzione continuativa di Andrea Camilleri, sarebbe un gran bene per il piacere di una lettura distensiva, gradevole, moderata nel proporsi e piena di informazioni storiche, e curiosità sociali e culturali. 

Si, sono proprio soddisfatto: 5 stelline su 5 di voto non danno sicuramente giustizia a questa ultima opera – in genere quella di chi scrive si usa definire “fatica”, ma a leggerlo sembra proprio che Andrea Vitali a scrivere non faccia proprio alcuna fatica – che come per ogni altra precedente, mi piace considerare essere “giusto quella prima della prossima”.