giovedì 10 gennaio 2008

Stranezze d’estate.

Sono a Sapri.

In scooter sul lungomare sono dietro una automobile. Non c'è una gran fila.

Mi va di andar via senza fretta.

Si cammina lentamente ma non è un vero e proprio traffico.

Mi accorgo che l'auto che mi precede ha le luci degli stop non funzionanti.

Alle volte par di camminare dietro alberi di Natale. Questa qui niente.

Penso di affiancare l'autista per dargliene notizia. Forse potrebbe essermi grato; magari vedi che addirittura mi ringrazia.

Mi accorgo, mentre cerco di accostarmi alla parte sinistra dell'auto, che l'autista sta parlando al cellulare.

Siamo quasi in periferia, vigili nisba, si può approfittare.

Magari poi qui parlare al cellulare è permesso: non è difficile trovare al Sud autonomie legislative.

Spesso quel che è vietato altrove, in Campania è permesso.

Una specie di "Regione a legiferazione in difformità autonoma".

Una cosa che praticamente vorrebbe significare:

la legge generale dice che le cose stanno in questo modo, ma siccome a me non mi conviene tanto, allora "io" decido che per quanto mi riguarda si fa così, così e così.

Comunque: poco mi importa cosa stia facendo, io voglio soltanto essere cooperativo.

Non sarà che anche per le luci degli stop vige una normativa di tipo "differita", nevvero?

Gli sono quasi allo sportello quando dal braccio sinistro a malapena appoggiato al finestrino aperto mi rendo conto che si tratta di un carabiniere.

Un graduato.

Prontamente rinuncio a proseguire nella mia iniziativa umanitaria.

Visto mai che poi....

In effetti sono anche io un uomo del Sud e concludo: chi se ne frega!

Prime infanzie trascorse

Passo davanti alla casa della mia prima infanzia matrimoniale.

Il cielo terso lascia una immagine di pulizia e l'aria è limpida e fresca.

Le immagini mi scorrono davanti veloci soffermandosi di volta in volta su quelle di maggiore felicità e tristezza.

Sono tutte appese ad un filo. Un filo che il tempo trascorso non riuscirà a spezzare.

Sono passato davanti alla casa della mia prima infanzia matrimoniale.

Il cielo è ancora terso e l'aria è fresca come allora.

Dietro l'immagine di un triste e trasognato sorriso, intravedo agitarsi la mia mano protesa in un saluto di addio.

lunedì 7 gennaio 2008

Teatrino dei burattini.

La marionetta cade svenuta pesantemente sull'impiantito facendo un rumore sordo e muore; il sipario si chiude sull'ultima scena. I bambini applaudono; qualcuno non capisce se era una storia divertente oppure triste; ognuno se ne va con una idea propria: un paio di loro ha i lucciconi agli occhi perchè quella che ha sentito raccontare gli ha ricordato una storia vera che è successa a suo papà; l'omino del teatrino si mette accanto ad una rastrelliera scalcagnata di legno verde per vendere una copia del burattino protagonista un tanto l'uno.

Nemmeno caro. Il giusto. Un prezzo salariale.

"Babbo, babbo!" grida ad alta voce Michelino "me lo compri quello?"

"Sei mica matto? Hai visto che fine ha fatto? Una marionetta che prende iniziative? Vuole fare di testa sua che poi  muore; mezz'ora e tac, morto. Vorrai mica farmi buttare così i soldi!? Via che si va a casa a mangiare! La minestra sarà pronta e se ritardiamo ancora finisce che si fredda"

"Babbo, Babbino, ti prego! gli faccio fare un'altra storia. Quella che dico io! Più bella, vedrai che non muore! Lo faccio vivere tutto il tempo che voglio! Ti prego, compramelo!"

"Un'altra storia? Impossibile: quella è nata per fare quella parte; una stupida marionetta che prende iniziative; hai visto? È nato per vivere al più mezz'ora e poi muore. Impossibile che le riesca una parte diversa. Devi accontentarti dei burattini che hai. Quelli sono i buoni: non prendono iniziative; fanno tutto quello che vuoi tu. Li puoi far morire quando vuoi: quando ti hanno stancato... Tac! Lo decidi tu."