D'un tratto poi scopriI a diciannove anni che esisteva un mondo lì fuori che mi era totalmente sconosciuto quanto affascinante.
Fui fortunato a scoprirlo tardi? sarebbe stato meglio scoprirlo prima?
Meglio tardi che mai, ma certo a scoprirlo prima sarebbe stato più divertente
Cercai di recuperare abbastanza bene il tempo perduto.
Non sono certo diventato uno "scugnizzo" perché di scugnizzi non ne frequentavo, ma nonostante il mio carattere riservato e timido riuscii a inserirmi molto ma molto bene in un gruppo di "sciagurati" e fu una buona cosa.
Forse mi è anche costato un pochino, ma la volontà è stata più forte di qualsiasi freno inibitorio.
Un po' avrà contribuito l'avere a che fare con uno psicoterapeuta; in effetti questo è stato di aiuto nell'avere una migliore coscienza di me, e di come dovessi relazionarmi con gli altri senza alcun tipo di disagio.
Tutto ciò che si fa alla fine produce un risultato proporzionato alle premesse e finalità.
Non sempre il finto perbenismo è indice di correttezza comportamentale.
Basta iniziare pensando e ritenendo che una sana e giusta regressione - ben motivata quanto saltuaria - aiuta sicuramente ad affrontare meglio tutto quanto gli altri pensano sia la normalità.
Infine poi, una volta superati i "50" anni, ci si sente definitivamente liberi da ogni vincolo inibitorio.
Magari alle nuove generazioni potrà accadere un po' più oltre cinquanta: la loro speranza di vita, essendo giunti nel mondo un bel po' di anni dopo, è sicuramente superiore.
Vado ora con il pensiero a quando si andava al Teatro 2000 a vedere le sceneggiate.
Una partecipazione corale di attori e pubblico che interveniva con rabbia, dolore e sofferenza facendo propria la finzione rappresentata sul palcoscenico.
Finzione che diventava un misto di realtà e fantasia confondendosi nelle razioni innaturali del popolo che assisteva con sistematica partecipazione allo stesso spettacolo che si ripeteva nel corso di tutta la giornata.
Ritornare a vedere una sceneggiata forse non sarebbe la stessa cosa del passato.
Il pubblico, il vero protagonista, sarà forse rimasto quello di una volta?
Noi si partecipava con quel pubblico ricoprendo ancora un terzo ruolo; facevamo parte di esso ma allo stesso tempo lo usavamo per una recita personale, ed era quella la fase più divertente.
Eravamo un misto di ragazzi e ragazze, tutti con lo stesso spirito scanzonato, giocoso e guascone allo stesso tempo.
Poi mi sono trovato accanto una donna che è una personcina troppo a modo per poter apprezzare fosse anche solo il racconto di quelle astruse mattane.
La vita d'altronde è come una sceneggiata e solo il popolo che la sceneggiata l'ha creata può saperlo.
Tutti gli altri si domandano cosa diavolo stiano facendo e perché, e lo fanno spesso e volentieri da soli.
Senza pubblico e senza avere al fianco una compagnia che reciti a soggetto.
Alla sceneggiata si partecipa tutti, non si assiste!
E vi si partecipa partendo da un canovaccio genericamente costruito, con un filo conduttore portato avanti dagli attori, ma tutti gli altri sono coinvolti recitando a soggetto: con fantasia, astrusità, divertendosi, creando situazioni insolite e improbabili.
E noi vi si partecipava.
E ancora senza accorgercene continuiamo a parteciparvi, con la differenza che la vita vera presenta attori che non vogliono intrusioni che faccia loro dimenticare la parte, saltare le battute.
E se ne vanno lasciando il palcoscenico svuotato e un pubblico incredulo che non riesce a capire cosa sia successo.
La differenza di allora era che noi si recitava in mezzo a una folla di persone: adulti, bambini, giovani, anziani di qualsiasi età ed estrazione sociale; tutti attori che avevano un unico solo e vero punto in comune: la voglia di essere sè stessi al di là del bene e del male.
Persone che si raccontavano la loro vita, mentre contemporaneamente si prendevano in giro; che si servivano di sè stessi per screanzare la loro e altrui realtà.