Il Blog di Paolo Lubrano
“Traditi ugualmente, ugualmente spogliati, risorgeremo allo stesso tempo delle nostre sventure; che mai à durato lungamente l’opera della iniquità, né sono eterne le usurpazioni”. - S. M. Francesco II - Proclama di Gaeta, 8 dicembre 1860
giovedì 12 maggio 2016
sabato 1 agosto 2015
Giuseppe Garibaldi: a scuola lo si fa passare per un eroe, l’”erore dei due mondi”! Ma sappiamo davvero chi era?
A proposito di Giuseppe Garibaldi…. Riporto
quanto raccontato da Antonio Pagano e riportato sulla pagina Facebook di Aniello Siciliano su sollecitazione da Antonio
de Cesare.
Il Garibaldi era di corporatura bassa, alto 1,65, ed aveva le gambe
arcuate.
Portava i capelli lunghi perché, avendo violentato una ragazza,
questa gli aveva staccato un orecchio con un morso.
Era un avventuriero che nel 1835 si era rifugiato in Brasile, dove
all’epoca emigravano i piemontesi che in patria non avevano di che vivere.
Fra i 28 e i 40 anni visse come un corsaro assaltando navi spagnole
nel mare del Rio Grande do Sul al servizio degli inglesi che miravano ad
accaparrarsi il commercio in quelle aree.
In Sud America non è mai stato considerato un eroe, ma un
delinquente della peggior specie. Per la spedizione dei mille fu finanziato
dagli Inglesi con denaro rapinato ai turchi, equivalente oggi a molti milioni
di dollari.
In una lettera, Vittorio Emanuele II ebbe a lamentarsi con Cavour
circa le ruberie del nizzardo, proprio dopo "l’incontro di Teano":
"... come avrete
visto, ho liquidato rapidamente la sgradevolissima faccenda Garibaldi, sebbene
- siatene certo - questo personaggio non è affatto docile né così onesto come
lo si dipinge e come voi stesso ritenete. Il suo talento militare è molto
modesto, come prova l’affare di Capua, e il male immenso che è stato commesso
qui, ad esempio l’infame furto di tutto il danaro dell’erario, è da attribuirsi
interamente a lui che s’è circondato di canaglie, ne ha eseguito i cattivi
consigli e ha piombato questo infelice paese in una situazione
spaventosa".
Fu di proposito "visto" in ritardo dalla marina duosiciliana, i cui
capi erano già passati ai piemontesi, e fu protetto dalla flotta inglese, che
con le sue evoluzioni impedì ogni eventuale offesa.
Tra i famosi "mille", che lo stesso Garibaldi il giorno 5
dicembre 1861 a Torino li definì "Tutti
generalmente di origine pessima e per lo piú ladra; e tranne poche eccezioni
con radici genealogiche nel letamaio della violenza e del delitto",
sbarcarono in Sicilia, francesi, svizzeri, inglesi, indiani, polacchi, russi e
soprattutto ungheresi, tanto che fu costituita una legione ungherese utilizzata
per le repressioni piú feroci.
Al seguito di questa vera e propria feccia umana, sbarcarono altri
22.000 soldati piemontesi appositamente dichiarati "congedati o disertori".
CALATAFIMI:
Contrariamente a quanto viene detto nei libri di storia, il Garibaldi fu messo
in fuga il giorno 15 maggio dal maggiore Sforza, comandante dell’8° cacciatori,
con sole quattro compagnie.
Mentre inseguiva le orde del Garibaldi, lo Sforza ricevette dal
generale Landi l’ordine incomprensibile di ritirarsi.
Il comportamento del Landi risultò comprensibilissimo quando si
scoprì che aveva ricevuto dagli emissari garibaldini una fede di credito di
quattordicimila ducati come prezzo del suo tradimento.
Landi qualche mese piú tardi morì di un colpo apoplettico quando si
accorse che la fede di credito era falsa: aveva infatti un valore di soli 14
ducati.
PALERMO:
Il Garibaldi, il 27 maggio, si rifugiò in Palermo praticamente indisturbato dai
16.000 soldati duosiciliani che il generale Lanza aveva dato ordine di tenere
chiusi nelle fortezze.
Il filibustiere così poté saccheggiare al Banco delle Due Sicilie
cinque milioni di ducati ed installarsi nel palazzo Pretorio, designandolo a
suo quartier generale.
In Palermo i garibaldini si abbandonarono a violenze e saccheggi di
ogni genere.
A tarda sera del 28 arrivarono, però, le fedeli truppe duosiciliane
comandate dal generale svizzero Von Meckel.
Queste truppe, che erano quelle trattenute dal generale Landi, dopo
essersi organizzate, all’alba del 30 attaccarono i garibaldini, sfondando con i
cannoni Porta di Termini ed eliminando via via tutte le barricate che
incontravano.
L’irruenza del comandante svizzero fu tale che arrivò rapidamente
alla piazza della Fieravecchia. Nel mentre si accingeva ad assaltare anche il
quartiere S. Anna, vicino al palazzo di Garibaldi, che praticamente non aveva
piú vie di scampo, arrivarono i capitani di Stato Maggiore Michele Bellucci e
Domenico Nicoletti con l’ordine del Lanza di sospendere i combattimenti perché
... era stato fatto un armistizio, che in realtà non era mai stato chiesto.
L’8 giugno tutte le truppe duosiciliane, composte da oltre 24.000
uomini, lasciarono Palermo per imbarcarsi, tra lo stupore e la paura della
popolazione che non riusciva a capire come un esercito così numeroso si fosse
potuto arrendere senza quasi neanche avere combattuto.
La rabbia dei soldati la interpretò un caporale dell’8° di linea
che, al passaggio del Lanza a cavallo, uscì dalle file e gli gridò "Eccellé, o’ vvi quante simme. E ce
n’aimma’ì accussì?".
Ed il Lanza gli rispose: "Va
via, ubriaco".
Lanza, appena giunse a Napoli, fu confinato ad Ischia per essere
processato.
I garibaldini nella loro avanzata in Sicilia compirono efferati
delitti. Esemplare e notissimo è quello di Bronte, dove "l’eroe" Nino
Bixio fece fucilare quasi un centinaio di contadini che, proprio in nome del
Garibaldi, avevano osato occupare alcune terre di proprietà inglese.
MILAZZO:
Il giorno 20 luglio vi fu una cruenta battaglia a Milazzo, dove 2000 dei nostri
valorosissimi soldati, condotti dal colonnello Bosco, sgominarono circa 10.000
garibaldini.
Lo stesso Garibaldi accerchiato dagli ussari duosiciliani rischiò di
morire.
La battaglia terminò per il mancato invio dei rinforzi da parte del
generale Clary e i nostri furono costretti a ritirarsi nel forte per il numero
preponderante degli assalitori. Nello scontro i soldati duosiciliani, ebbero
solo 120 caduti, mentre i garibaldini ne ebbero 780.
Eroici, e da ricordare, furono i valorosi comportamenti del Tenente
di artiglieria Gabriele, del Tenente dei cacciatori a cavallo Faraone e del
Capitano Giuliano, che morì durante un assalto.
Episodi di tradimento si ebbero anche in Calabria, dove nel paese di
Filetto lo sdegno dei soldati arrivò tanto al colmo che fucilarono il generale
Briganti, che il giorno prima, senza nemmeno combattere, aveva dato ordine alle
sue truppe di ritirarsi.
NAPOLI:
Il giorno 9 settembre arrivarono a Napoli i garibaldini. Mai si vide uno
spettacolo piú disgustoso.
Quell’accozzaglia era formata da gente bieca, sudicia, famelica,
disordinata, di razze diverse, ignorante e senza religione.
Occuparono all’inizio Pizzofalcone, poi nei giorni seguenti si
sparsero per la città, tutto depredando, saccheggiando ogni casa.
Furono violentate le donne e assassinato chi si opponeva. Furono
lordati i monumenti, violati i monasteri, profanate le chiese.
Il giorno 11 il Garibaldi con un decreto abolì l’ordine dei Gesuiti
e ne fece confiscare tutti i beni. Furono incarcerati tutti quei nobili,
sacerdoti, civili e militari che non volevano aderire al Piemonte, mentre
furono liberati tutti i delinquenti comuni.
Il Palazzo Reale fu spogliato di tutto quanto conteneva.
Gli arredi e gli oggetti piú preziosi furono inviati a Torino nella
Reggia dei Savoia.
Il filibustiere con un decreto confiscò il capitale personale e
tutti beni privati del Re dal Banco delle Due Sicilie, che fu rapinato di tutti
i suoi depositi.
Napoli in tutta la sua storia non ebbe mai a subire un così grande
oltraggio, eppure nessun libro di storia "patria" ne ha mai
minimamente accennato.
CAPUA, VOLTURNO, GARIGLIANO,
GAETA:
Eliminati i generali traditori i soldati duosiciliani dimostrarono
il loro valore in numerosi episodi.
La vittoriosa battaglia sul Volturno non fu sfruttata solo per
l’inesperienza dei nostri comandanti militari.
In seguito, la vile aggressione piemontese alle spalle costrinse il
nostro esercito alla ritirata nella fortezza di Gaeta, dove il giovane Re
Francesco II e la Regina Maria Sofia, di soli 19 anni, diventata poi famosa con
l’appellativo di "eroina di Gaeta", si coprirono di gloria in una
resistenza durata circa 6 mesi.
Con la resa di Gaeta (13.2.61), di Messina (14 marzo) e di Civitella
del Tronto (20 marzo), il Regno delle Due Sicilie cessò di esistere.
I Piemontesi non rispettarono i patti di capitolazione e i soldati
duosiciliani in parte furono fucilati, altri vennero deportati in campi di
concentramento
in Piemonte.
Di questi soldati, morti per la loro Patria, oggi non c’è nemmeno un
segno che li ricordi e non meritavano l’oblio cui li ha condannati la leggenda
risorgimentale.
PLEBISCITO.
Il giorno 21 ottobre 1860 vi fu a Napoli e in tutte le provincie del Regno la
farsa del Plebiscito.
A
Napoli, davanti al porticato della Chiesa di S. Francesco di Paola, proprio di
fronte al Palazzo Reale, erano state poste, su di un palco alla vista di tutti,
due urne: una per il Sì ed una per il NO.
Si
votava davanti ad una schiera minacciosa di garibaldini, guardie nazionali e
soldati piemontesi.
Il
giorno prima erano stati affissi sui muri dei cartelli sui quali era dichiarato
"Nemico della Patria" chi
si astenesse o votasse per il NO.
Votarono
per primi i camorristi, poi i garibaldini, che erano per la maggior parte
stranieri, e i soldati piemontesi.
Qualcuno
dei civili che aveva tentato di votare per il NO fu bastonato, qualche altro,
come a Montecalvario, fu assassinato.
Poiché
non venivano registrati quelli che votavano per il Sì, la maggior parte andò a
votare in tutti e dodici comizi elettorali costituiti in Napoli.
Allo
stesso modo si procedette in tutto il Regno, dove si votò solo nei centri
presidiati dai militari con ogni genere di violenze ed assassini.
immagini - web - Google Images.
Testo e/o foto eliminabili su richiesta quando venisse richiesto.
lunedì 22 giugno 2015
Tiemp’ arrubbat’
Nunn’è corpa ro’ tiempo…
‘e juorne vanno annanze...!
song' io ca attenno ancora
a quanno se fa’ ll’ora…
Se tratta ‘e nu mumento...
io manco me n’addono
comm’è…? verev’ ô sole!
...alluccavano ’e criature…!
...s’è fatto nirô cielo…
…cchiù manco ‘nu rummore…
...me cerco int’ ‘a ‘nu specchio…
…e cch’è stato…? pecché…?!
…pecché llà dinto...
mo’ nun ce stà nisciuno….!?
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